Ravenna, 11 febbraio 2014 - Riccardo, Andrea e Marcello. Sono loro gli angeli custodi di don Desio. I tre compaesani che hanno cambiato i piani del destino, impedendo che il canale Destra Reno risucchiasse sul fondo il religioso. Marcello Zinzani è il proprietario della Golf parcheggiata in strada e che il don ha sfasciato, prima di volare con la sua Bmw nel canale. «Gesù si è accorto che nell’auto c’era un parroco», sorride Marcello. Che con la mente è consapevole di aver contribuito a salvare un uomo, ma con gli occhi osserva la sua povera auto che è da buttar via.

«Ero in casa e giocavo col bimbo — racconta Marcello — ho sentito il boato e sono corso fuori. Ho visto la mia auto girata in mezzo alla strada e un’altra che galleggiava sul canale. Vedevo l’uomo al volante, non sapendo ancora chi fosse. ‘Spacca il vetro’, gli urlavo, ma non ce la faceva. A quel punto ho attraversato la passerella del canale e sono corso a chiamare aiuto al bar. Ancora non sapevo che là dentro ci fosse il nostro prete. Poi al bar qualcuno ha detto: sembra la macchina del don». Al Bar San Marino, che si trova sul lato nord del canale, ha trovato Riccardo Giovannelli, il titolare. Insieme i due sono tornati di là dal pontile, dove nel frattempo era accorso anche Andrea Agostini con un grosso martello. In quel punto il canale è svasato, non scende a picco. Ma la marea stava salendo e montavano le onde.

Riccardo e Andrea, due ragazzoni grossi e dalle braccia possenti, si sono affacciati dal pontile e hanno iniziato l’opera di salvataggio. Primo miracolo: l’auto si era incastrata contro una barchetta di legno ed era rimasta imbrigliata tra le sue funi di ormeggio. E un secondo: in inverno, a Casal Borsetti, non gira un’anima. Di solito. L’uomo era aggrappato al volante, in preda al panico, cercava di uscire, ma era tutto in utile. Armeggiando con i comandi accendeva e spegneva le luci.

«Siamo scesi dal pontile — racconta Riccardo —. Quell’uomo provava ad aprire il finestrino, senza riuscirci, e chiedeva ‘posso uscire?’. ‘No, dobbiamo allargare il buco’, gli ho risposto. Gli ho chiesto come si chiamasse. ‘Sono don Giovanni’. Mi è venuto un brivido. ‘Don, si sbrighi, sennò va a fondo...’». La Bmw, sebbene lentamente, si stava inabissando. A quel punto è intervenuto Andrea, che con la mazza ha sfondato il lunotto posteriore: «Siamo riusciti ad afferrarlo per un pelo, le sue mani scivolavano. Intanto l’auto imbarcava acqua e don Giovanni aveva già mezza testa sotto. Siamo riusciti a tirarlo su di forza, a peso morto, poi lo abbiamo steso di lato sul pontile, facendogli buttare fuori l’acqua. È sempre rimasto cosciente e sembrava avesse solo qualche graffio in faccia. Due minuti e l’auto è andata sul fondo».

Che a tirarlo fossero mani umane o scese dal cielo fa poca differenza. Sono circa le 22 quando la Bmw viene agganciata alla gru e portata in superficie. Gli abitanti del paese, assiepati lungo le sponde del canale, assistono alle fasi di recupero. Si tira un sospiro di sollievo nel vedere che a bordo non c’era nessun altro. La temperatura dell’acqua, dicono gli esperti del posto, non supera i tre gradi. Tradotto: gelida. Un corpo a mollo non avrebbe sopportato per più di qualche minuto.

Lorenzo Priviato