Ravenna, 6 aprile 2014 - Sapeva che l’aspettava un compito difficile. Ma forse non pensava a una montagna così alta da scalare. Monsignor Ghizzoni era stato nominato a Ravenna un anno e mezzo fa per rilevare, in lieve anticipo, il bastone pastorale di arcivescovo della città dalle mani del predecessore.

A Roma era nota l’inquietudine della diocesi ravennate e l’eco del caso Galletti Abbiosi, con il doppio risvolto civile (ancora aperto) e penale (poi chiuso con l’archiviazione dei diretti interessati), aveva ben presto varcato i confini ravennati, trasformandosi in un un chiacchiericcio crescente. Inoltre si sussurrava di altri problemi, sotto la cenere.

Sarà stato sicuramente un caso, ma monsignor Ghizzoni fece il suo ingresso a Ravenna prima del previsto. E cosa trovò? Tanti sacerdoti straordinari e coscienziosi della loro missione, ma anche alcuni casi spinosi, destinati ad esplodere.
 

Casi di parroci ricattati a sfondo sessuale, di sacerdoti contestati dai parrocchiani a suon di raccolta di firme. E casi di parroci come don Giovanni Desio: prima il suv da 35mila euro, non proprio l’auto da poverello che auspica Papa Francesco, con cui in quella sera di febbraio era finito nel canale (FOTO) col tasso alcolemico fuorilegge, e adesso questa storia sconcertante.


Che don Desio fosse un sacerdote fuori dalle righe in tanti lo sapevano già da tempo, basta leggere quella discussa poesia del 2008, perché quando un religioso scrive (e qualcuno li pubblica anche) versi come: «Amore, bacia la mia bocca», «Tu m’afferri con candida mano / e m’attanagli nell’imbrunire sulfureo», è chiaro che si sta uscendo dal seminato. E che bisognerebbe intervenire.
 

Però questo non è il momento nè dei processi sommari nè dei linciaggi. Spetterà alla giustizia fare chiarezza. Questo è il momento di capire come si è potuti arrivare a questo punto. Perché non accada mai più.

 

di Andrea Degidi