Ravenna, attacco ai carabinieri, la pista è la follia

Perquisite case e pc di padre, figlio e dei parenti di Punta Marina: niente di strano

Un artificiere controlla la Seicento usata come ariete per verificare l’eventuale presenza di ordigni esplosivi (Corelli)

Un artificiere controlla la Seicento usata come ariete per verificare l’eventuale presenza di ordigni esplosivi (Corelli)

Ravenna, 27 marzo 2017 - È la follia la pista principale a cui attualmente si pensa per spiegare quanto accaduto sabato alla caserma dell’Arma di viale Pertini, quando padre e figlio, Antonio e Natale Lucido, hanno sfondato con l’auto la barriera della stazione iniziando a gridare che a bordo avevano una bomba. I due vivono a Frosinone e si trovavano nel Ravennate dopo una visita a una zia che vive a Punta Marina. A questo proposito i parenti in zona, ascoltati dai carabinieri, non hanno saputo fornire una spiegazione al gesto e hanno invece raccontato che i rapporti in famiglia erano da tempo freddi. La causa è in un precedente infamante a carico del padre Antonio Lucido, lo stesso che lo ha spinto anni fa a lasciare la sua terra d’origine, la Sicilia, per il Friuli Venezia Giulia: violenza sessuale. Sono cinque invece ora le accuse in concorso che pendono sui due: introduzione clandestina in luoghi militari, danneggiamento, resistenza a pubblico ufficiale, procurato allarme e interruzione di pubblico servizio.

Dopo la visita padre e figlio avrebbero dovuto dirigersi a Genova, dove si sarebbero imbarcati per una visita proprio in Sicilia, nella città da cui proviene la famiglia: Palermo. Ancora non si sa cosa invece li abbia spinti a cambiare programma e fare irruzione nella caserma, dove sono stati bloccati dai carabinieri ai quali il 76enne e il 46enne non hanno saputo fornire motivazioni plausibili per il gesto: il padre sembrava non presente, confuso, probabilmente trascinato dal figlio che invece delirava parlando di una «bomba nell’auto» che fortunatamente non c’era e di alcune «microspie» posizionate all’interno delle sue orecchie.

Forse oggi sarà il giudice, con l’interrogatorio che potrebbe svolgersi in tribunale oppure in carcere, a dipanare la matassa e a chiarire cosa è balzato nella mente dei due. Padre e figlio da sabato si trovano in cella in attesa della convalida che ci sarà appunto oggi. Nel frattempo i carabinieri hanno perquisito diversi immobili: la casa di padre e figlio a Pordenone e quella dei parenti di Punta Marina. In nessuna è stato trovato nulla di sospetto, così come all’interno del computer dei due che è stato controllato dai carabinieri.