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Lo scandalo scoppiò nel febbraio del 2002, con decine di imprenditori cervesi, che si erano affidati allo studio ‘Cedac’ (Centro elaborazione dati contabili) a partire dal 1996, a scoprire che tutte le somme versate a vari fini (Inps, Inail, imposte) si erano volatilizzate, non erano state utilizzate per gli scopi dovuti. Da allora sono trascorsi sette anni. Troppi. Così in tribunale a Ravenna al giudice Roberto Evangelisti non è rimasto che prendere atto e dichiarare la prescrizione dei reati contestati ai principali imputati e a quelli di contorno. Prescritta, quindi, l’accusa di appropriazione indebita di qualcosa come 813 milioni di lire (420 mila euro). Ma ciò che ancor più è sorprendente ed evidenzia un’ennesima sconfitta della ‘giustizia’ è il fatto che da allora nessuna delle persone defraudate ha potuto ottenere un euro di risarcimento. Insomma, gli 813 milioni di lire si sono come volatilizzati mentre all’inizio dell’indagine non è stata adottata alcuna attività investigativa finalizzata al rintraccio e al sequestro delle somme, a beneficio delle parti offese. Non solo: le cause civili avviate nei confronti di alcuni degli imputati solvibili da parte di alcune delle ‘vittime’ e anche da enti come Inail e Inps non hanno sortito alcun esito, nel senso che le richieste sono state ritenute infondate dal giudice. Agli altri, che attendevano di costituirsi parte civile all’interno del processo penale, non resta ora che, eventualmente, agire in sede civile nei confronti della maggiore imputata, ma con speranze di recuperare qualcosa ridotte praticamente a zero. La maggiore imputata è Marisa Bassi, di 57 anni, all’epoca residente a Cervia: era e rimane impossidente, nè all’avvio dell’inchiesta la Procura della Repubblica ritenne di attivare indagini per individuare l’eventuale contenitore di quegli 813 milioni di lire scomparsi. Anche se, va da sè, posto che la condotta contestata alla Bassi si ritiene iniziata nel 1996, molto (ma non certo tutto) della cospicua somma, nel 2002 ben poteva essere stata spesa.
Con Marisa Bassi erano stati citati a giudizio davanti al tribunale di Ravenna la figlia Anna Allegra di 34 anni e Giuliano Talenti di 64 anni (cervese anche lui e risultato da tempo irreperibile) nelle qualità, la prima di socio accomandatario e legale rappresentante dello studio Cedac e gli altri due di soci accomandanti, e il commercialista ravennate Nicola Avantario (anche lui socio accomandante della Cedac) per il solo fatto di aver permesso alla Bassi di esercitare abusivamente la professione di consulente del lavoro pur non possedendo la speciale autorizzazione.
L’accusa principale, di appropriazione indebita di 813 milioni di lire, era per madre, figlia e per Talenti. Marisa Bassi e Anna Allegra dovevano rispondere anche di falso materiale in atto pubblico per aver formato un falso modello F 24 attestante l’avvenuto pagamento di contributi previdenziali, assistenziali e di ritenute fiscali per conto di una ditta cervese. Le parti offese nel processo penale erano diciannove, fra cui anche l’Inps di Ravenna nella persona del direttore. Molte di queste avrebbero inteso costituirsi parte civile, ma la immediata declaratoria di non doversi procedere per prescrizione l’ha reso impossibile. Gli imputati erano difesi dagli avvocati Annalisa Porrari e Piergiorgio Sangiorgi (Bassi), Andrea Silvestrone e Maria Grazia Russo (Allegra), Rocco Guarino (Talenti) e Giovanni Rosetti (Avantario). Le parti offese erano tutelate fra gli altri dagli avvocati Miria Zanelli, Carlo Benini, Giovanni Zauli, Claudio Angeli, Alessandro Chiarucci, Francesco Ferroni.
Carlo Raggi