Long Covid: sintomi di una sindrome che non passa

Il primario Bassi: "Stanchezza e difficoltà respiratorie sono normali. Non cadere vittime dell’ansia"

Paolo Bassi, primario del reparto di Malattie infettive del Santa Maria delle Croci

Paolo Bassi, primario del reparto di Malattie infettive del Santa Maria delle Croci

Ravenna, 27 gennaio 2021 - Lo chiamano ‘long Covid’, tradotto ‘lungo Covid’. E sono in tanti a sperimentarlo: l’infezione finisce, non si è più né malati né contagiosi, ma si continuano a sperimentare alcuni sintomi come stanchezza, scarsa percezione di odori e sapori e tosse. Ma c’è un altro aspetto che Paolo Bassi, primario del reparto di Malattie infettive dell’ospedale Santa Maria delle Croci di Ravenna, teme molto di più: "La cosa peggiore è la sindrome depressiva post Covid – disse –. Proviamo a immaginare una persona prestante, abbastanza giovane, attiva, con una buona salute e in forma. Si ammala di Covid e, una volta guarita, si ritrova sempre stanca, con le sue capacità fisiche ridotte di oltre il 50%. E qui subentrano due timori: quello di non poter tornare come prima e quello di essere ancora malati e quindi contagiosi per i propri cari".

Due paure che Bassi rigetta completamente: "Occorre lanciare un messaggio rassicurante. Esiste un tempo limite di infezione, che può essere 21 giorni o anche meno se il tampone si negativizza prima. Prima o poi, a parte nei tristi casi di decesso, il nostro sistema immunitario riesce a sopravanzare e non esistono situazioni non rimediabili o non curabili. Con la sindrome post Covid invece il rischio è che scatti un circolo vizioso. Ma stanchezza o altri sintomi sono assolutamente normali, si tratta di situazioni transitorie. Ci sta che durino qualche mese, ma non si sono osservate lesioni definitive. In compenso l’ansia delle persone è devastante e predominante, vedo tanta tensione e mi preoccupa".

Tra i sintomi più comuni del post Covid ci sono "intensa astenia (debolezza, perdita di forza muscolare, ndr), tosse, scarsa percezione di odori e sapori e difficoltà nell’espandere completamente i polmoni, come se si facesse fatica a respirare fino in fondo – aggiunge Bassi –. Se una persona già è ansiosa o propensa alla preoccupazione, può innescarsi una situazione tale per cui psicologicamente non se ne esce più. Ho visto anche persone così preoccupate per i sintomi che sono venute in Pronto soccorso, e fare una lastra poi è peggio: i segni nei polmoni rimangono per 3 mesi, e in quell’arco di tempo non è consigliato fare l’esame perché i risultati potrebbero rispecchiare una situazione non più attuale".

Bassi consiglia invece di "fare vita sana, muoversi. La sindrome invoglia a chiudersi in casa, diventare sedentari. E invece bisogna cercare di fare cose, uscire e muoversi, ovviamente entro i limiti di ciò che le regole anticontagio consentono di fare". L’altro tema del ‘post Covid’ riguarda le persone che hanno vissuto la malattia nelle sue forme più gravi, che sono state ricoverate e sono andate in Terapia intensiva: "Il recupero chiaramente è proporzionato alla pesantezza e all’intensità della malattia – prosegue Bassi – ma va detto anche che più la malattia è stata più pesante e più si è immuni, perché sono presenti più anticorpi. Per quanto riguarda le conseguenze sui polmoni dei malati gravi, è ancora presto per dire come si comporta la malattia. In alcuni casi può rimanere qualche cicatrice, ma mai tale da determinare riduzioni significative della funzionalità respiratoria. Nella maggior parte dei casi, comunque, anche qui vediamo un ritorno completo alla funzionalità originaria".

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