Ravenna, omicidio Ballestri, Matteo Cagnoni resta in carcere

Respinta la richiesta dei legali del dermatologo che aveva perfino scritto una lettera al giudice

Matteo Cagnoni

Matteo Cagnoni

Ravenna, 28 marzo 2017 - Nella lettera che aveva inviato di persona al giudice, aveva usato queste parole: «Starei buono e tranquillo nel mio isolamento domestico, meno sofferente e un po’ più sollevato nell’umore». Come dire che se proprio il giudice non avesse accolto la sua richiesta di completa libertà, almeno gli avesse concesso i domiciliari con braccialetto elettronico.

Niente da fare per Matteo Cagnoni: il gip Piervittorio Farinella ha rigettato l’istanza degli avvocati Giovanni Trombini e Francesco Dalaiti che per conto del 51enne dermatologo ne avevano chiesto la scarcerazione. A questo punto per il 51enne, in cella da oltre sei mesi con l’accusa di avere ucciso a bastonate in testa la moglie 39enne Giulia Ballestri, la speranza è riposta in un eventuale ulteriore ricorso davanti al tribunale bolognese della Libertà.

Secondo i suoi legali del resto, oltre al venir meno i presupposti per la custodia cautelare (pericoli di fuga, inquinamento prove e reiterazione del reato), per Cagnoni esisterebbe pure una manifesta incompatibilità con il carcere legata a motivi di salute. In particolare i due medici incaricati dalla difesa di visitarlo in cella, hanno parlato sia di «patologia reumatica» che di «sindrome depressiva». Ed era in ragione di questa’ultima che si auspicava la scarcerazione a beneficio dei domiciliari, là dove sarebbe stato più agevole seguire il 51enne sia in termini farmacologici che terapeutici. Di tutt’altro tenore le memorie depositate davanti allo stesso gip Farinella sia dalla procura (pm titolari del fascicolo Alessandro Mancini e Cristina D’Aniello) che dall’avvocato Giovanni Scudellari per conto della famiglia Ballestri.

Tra le argomentazioni portate contro la scarcerazione, diverse avevano riguardato i presupposti per la custodia cautelare. In primis il pericolo di inquinamento probatorio: ancora valido per l’accusa, tanto più che Cagnoni sta inviando lettere anche a persone che potenzialmente potranno testimoniare nel suo processo. Inoltre è emerso che qualche mese fa aveva chiesto a un suo compagno di cella in punto di essere scarcerato, di intercedere per lui con un amico per ribadirgli la sua innocenza.

Riguardo invece ai malesseri manifestati da Cagnoni, ciò che l’accusa in buona sostanza contesta è che non via sia in realtà nulla di incompatibile con il carcere. Tanto più che il 51enne avrebbe partecipato ad attività fisiche almeno fino a febbraio (vedi torneo ping pong). E per quanto riguarda nello specifico la depressione, sul punto la Cassazione ha già avuto modo di precisare che «le condizioni di salute particolarmente gravi» in grado di «precludere alla custodia in carcere, non devono identificarsi con quelle patologie che sono connaturali alla privazione della libertà personale». Vedi sindrome ansioso-depressiva. Su questo fronte, l’avvocato Scudellari aveva fatto presente che lo stesso indagato a più riprese ha riferito di essersi integrato bene nella vita carceraria, legando per lo più i suoi disturbi ansiogeni alla vicenda giudiziaria che lo vede protagonista e alla conseguente lontananza dai figli.