Poletti jr, proiettili e minacce: "Ti ammazziamo"

Recapitata una busta al figlio del ministro. "Preoccupato ma vado avanti"

La busta conteneva proiettili e una lettera di minacce

La busta conteneva proiettili e una lettera di minacce

Ravenna, 7 gennaio 2017 - Prima le pesanti offese e minacce di morte, che già prima di Natale lo avevano spinto a presentare una denuncia. Ma ora il livello della tensione, se possibile, è salito ulteriormente. E assai oltre la soglia di guardia. Una busta con tre proiettili calibro nove è stata recapitata nei giorni scorsi alla redazione faentina di SetteSereQui all’indirizzo del direttore, Manuel Poletti, giornalista imolese e figlio del ministro Giuliano Poletti. Nella busta c’era anche una lettera con una frase dal tenore minatorio: «Ti ammazziamo, guardati alle spalle». E, incollata sopra, una fotografia di Manuel ritagliata da un articolo di stampa.

Un episodio grave, che ha indotto la prefettura ad aumentare il servizio di vigilanza al quale il 42enne giornalista era già sottoposto dopo le prime minacce ricevute tramite i social network, facebook in particolare, in seguito alla polemica sui contributi all’editoria ricevuti dal settimanale da lui diretto. Il tutto sull’onda delle frasi del padre ministro sui ‘cervelli’ emigrati dall’Italia. Preoccupato, ma non intimorito, è lo stesso Manuel Poletti a confermare l’episodio: «La busta ci è stata recapitata dal postino nel primo pomeriggio di lunedì 2 gennaio. Io non ero al lavoro, era indirizzata a me e l’ha aperta un collega». E subito sono stati allertati i carabinieri di Faenza, cui è stata presentata un’ulteriore denuncia. «Quando mi hanno detto che c’erano anche tre proiettili mi sono ovviamente allarmato».

E riferisce anche di un episodio analogo capitato alla madre, Anna Venturini, assessore del Comune di Castel Guelfo con deleghe ai servizi sociali, sanità e scuola: «Anche a mia madre, nei giorni precedenti, sono arrivate due lettere con minacce, seppure più sfumate, recapitate in Comune». La prima denuncia Poletti jr l’aveva presentata prima di Natale, il 22 dicembre: «Le indagini erano già iniziate allora, ho piena fiducia nel lavoro che le forze dell’ordine stanno facendo. È logico – spiega – che questo fatto mi preoccupa, ma mi sforzo di rimanere il più possibile sereno».

E A SetteSereQui, un periodico da 5mila copie della provincia di Ravenna, i giornalisti non arretrano di un centimetro: «Continueremo a fare il nostro lavoro – assicura Manuel Poletti – e se possibile con maggiore determinazione. Non ci facciamo intimidire, chiaro che certi fatti preoccupano ed è difficile restare indifferenti». La bufera on line era scoppiata dopo l’intervista-gaffe – o che come tale da più parti è stata giudicata – di Giuliano Poletti, ministro del lavoro del governo Renzi e ora anche nel governo Gentiloni, secondo cui alcuni italiani andati all’estero hanno fatto bene a togliersi dai piedi.

Manuel aveva difeso il padre sulla sostanza, pur ammettendo che «avrebbe potuto usare frasi diverse». Ma subito dopo nell’occhio del ciclone era finito lui, in ragione del mezzo milione di euro di contributi pubblici ricevuti dalla proprietà del suo giornale, la cooperativa Media Romagna, in tre anni, di cui il direttore ha rivendicato la piena legittimità. Da qui erano partite le prime minacce, anche di morte, al suo indirizzo. Minacce che ora sono diventate pesanti come il piombo.