Ravenna, processo Cagnoni, le parole di Giulia: "Mi auguro che il disastro non avvenga"

I messaggi scritti dalla vittima. "Non mi fido"

Giulia Ballestri

Giulia Ballestri

Ravenna, 16 novembre 2017 - È giunta l’ora. Perché da domani si parlerà anche del delitto. Si dirà cosa sarebbe successo quella mattina del 16 settembre 2016 nella villa di via Genocchi, la ‘casa dei fantasmi’ dove Matteo Cagnoni avrebbe fatto sedute spiritiche per invocare i figli di Mussolini. I primi testimoni – fratello, migliore amica e nuovo compagno della vittima – sono stati essenziali per ricostruire il contesto di presunte vessazioni che stavano togliendo il respiro e rendendo un incubo la vita di Giulia Ballestri, che a loro raccontava di quel marito ossessionato dal timore di perderla ma, ancor più, dall’onta del disonore.

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Stefano Bandini, il numero due della squadra mobile, parlerà invece dell’indagine. Riferirà non solo delle ricerche e del ritrovamento del cadavere, cui ha partecipato personalmente, ma anche degli accertamenti successivi e dell’intero percorso investigativo, cosa cui la difesa di Cagnoni si era opposta, senza successo. Intanto l’ultima udienza è stata carica di tensione. Stefano Bezzi ha reso l’idea di non essere certo il ‘camionista ignorante’ che appariva agli occhi di Cagnoni, che così lo dileggiava. Incalzato dalle domande dell’avvocato Giovanni Trombini, il ‘rivale’ ha risposto con garbo e lucidità. Non si è fatto mettere in buca quando la difesa, nel tentativo evidente di incrinarne la credibilità agli occhi della giuria popolare, ha cercato di portare a conoscenza vecchi fatti che lo riguardavano, in merito alle regioni dell’esclusione da un circolo ippico o ai rapporti con la ex. Episodi non attinenti al processo, che infatti hanno rischiato di spazientire i giudici. 

image Il legale è invece stato efficace nel fare emergere incrinature nel suo racconto quando sosteneva che ad agosto 2016, emersa la tresca, non riusciva più a vedere Giulia – quando in realtà l’investigatore privato li aveva pizzicati insieme un paio di volte – e che non aveva mai frequentato personalmente Cagnoni, sebbene avessero partecipato ad alcune cene di coppia con i rispettivi partner. Ma proprio in una di queste serate Bezzi ebbe modo di toccare con mano il carattere prevaricatore del medico, fino ad allora riferitogli solo da Giulia: «Voleva farmi sedere dove pareva a lui». La corte ora è a conoscenza anche del fatto che Cagnoni, fino all’ultimo istante, aveva fatto pedinare la nuova coppia. E ciò stride con quanto aveva scritto in una delle sue tante lettere, in quel caso a un giudice cui chiedeva la scarcerazione: «L’ultimo anno, dopo un tentativo di recupero per i bambini, avevo messo una pietra sopra il mio matrimonio. Mi stavo anch’io rivolgendo altrove...». Certo, potrà sempre dire che lo fece per orgoglio. E per tutelarsi in vista della separazione.