Ravenna, offese su whatsapp e minacce. Nei guai due adolescenti

Inchiesta su stalking tra adolescenti

Una ragazza con whatsapp (foto repertorio)

Una ragazza con whatsapp (foto repertorio)

Ravenna, 12 dicembre 2017 - Lui veniva preso di mira in ragione della sua presunta all’omosessualità. Lei soprattutto per le fattezze fisiche. I confini dello stalking superano i criteri classici scanditi da pedinamenti e telefonate. Ora invadono la rete e coinvolgono giovanissimi. A riprova c’è un’inchiesta aperta dalla Procura dei minorenni di Bologna che vede indagate due ragazze sedicenni ravennati con l’accusa di molestie e minacce nei riguardi di coetanei, assieme ai quali condividevano un gruppo su whatsapp. Fatti accaduti lo scorso agosto.

Un caso limite, dove quello di stalking in concorso è il reato individuato, mentre da un punto di vista del fenomeno sociale si può parlare di cyberbullismo. A condurre l’indagine sono i carabinieri del nucleo operativo e radiomobile del comando compagnia di Ravenna, che hanno già ascoltato alcuni dei protagonisti accompagnati dai genitori e dai legali. Del gruppo whatsapp facevano parte diversi ragazzi, minorenni e non. All’interno di esso si sarebbero create due fazioni. E, a farne le spese, sarebbero stati due adolescenti, un ragazzo e una ragazza. Il primo è divenuto oggetto di scherno per avere pubblicato una foto che lo ritraeva con un lecca lecca, a causa della quale è stato preso di mira con offese e allusioni alla sua presunta omosessualità. La ragazzina, invece, sarebbe stata destinataria di denigrazioni e critiche riguardanti il suo aspetto.

Ad aggravare il tutto, portandola a temere per la propria incolumità, c’è il fatto che la stessa era stata pedinata e fatta oggetto di un’aggressione fisica da parte di un gruppo di ragazzi più grandi di origine straniera, con i quali le due indagate erano in contatto. Reato singolare, quello degli atti persecutori attraverso whatsapp, dato che i contatti sgraditi possono essere bloccati alla fonte. Ma il cyberbullismo, si sa, può avere anche questi effetti. Una calamita, una trappola dalla quale le vittime non riescono e non vogliono liberarsi per il timore di uscire da quel mondo virtuale che, nel bene e nel male, li rende riconoscibili. Fatto sta che ad un certo punto le famiglie devono aver pensato che la soglia di sopportazione era stata abbondantemente superata e sono partite le denunce.