Mercoledì 24 Aprile 2024

Ecco i terreni contaminati. Sono l’eredità del passato industriale della Darsena

La mappa dei siti resa nota in Commissione

La mappa dei siti

La mappa dei siti

Ravenna, 27 novembre 2014 - SI CHIAMANO ‘Valutazioni della sostenibilità ambientale e territoriale del Poc tematico Darsena di città’, e nella pratica non sono altro che un elenco di tutti gli interventi e le analisi che un privato intenzionato a investire nella Darsena del futuro dovrà porre in essere in materia di tutela del territorio. Tra fognature, metodi di depurazione delle acque reflue e attenzione a ciò che viene immesso nell’aria che respirano i cittadini, c’è uno scrupolo su tutti che, oggi più che mai, conduce a una attenta riflessione.

Nei giorni in cui il problema della contaminazione del sottosuolo ravennate riempie le cronache dei giornali, con la magistratura che ha aperto un’inchiesta ed effettuato i primi interrogatori per scoprire se sia vero o meno che in passato i rifiuti (anche tossici) del petrolchimico venissero sotterrati fuori dalle mura dello stabilimento, l’amministrazione comunale pone un vincolo ai prossimi investitori del quartiere racchiuso tra via Trieste e via delle Industrie: prima di costruire bisogna effettuare una caratterizzazione del sottosuolo. Tradotto, prima di poter costruire case, uffici e negozi bisogna mettere mano alla ruspa e scoprire se nel terreno si trovino sostanze pericolose. Un vincolo che trova spazio nero su bianco proprio tra le pagine che compongono il Piano operativo tematico sulla Darsena, per il quale si sta finendo di discutere le osservazioni presentate. Perché tra edifici fatiscenti e memorie di un brillante passato, negli anni addietro il quartiere alle spalle della stazione ferroviaria, affacciato sul porto, ospitava numerose aziende. E nella terra dove una volta si trovavano la raffineria di zolfo Almagià, la Società interconsorziale romagnola di lavorazione dei prodotti agricoli, la Montedison, il mangimificio Martini, una domanda resta in sospeso: c’è qualcosa di pericoloso nascosto?

UNA PRIMA risposta è data proprio dalla relazione Valsat allegata al nuovo Poc, ossia la valutazione di sostenibilità preventiva. Tra le tavole si trova anche quella relativa alla bonifica dei suoli. Si tratta di oltre trenta comparti, suddivisi in tre macro categorie: aree dove è già stata effettuata una indagine conoscitiva e sono risultate non contaminate, aree contaminate e infine aree dove ancora oggi non è stata effettuata alcuna indagine. Queste ultime due rappresentano praticamente la metà dell’intera Darsena. In particolare sono tre i siti dove, ad oggi, è stato riscontrato materiale nocivo nel sottosuolo. Sono il bitumificio della Cmc, l’ex Sir e il comparto che fino al 2005 ospitava la ‘Nuova cementi Ravenna’ (ex ‘Cementi Ravenna’ del gruppo Ferruzzi). Per le zone ancora da indagare, invece, i privati interessati dovranno mettersi nell’ordine di idee di effettuare delle analisi e, nel caso di terreno contaminato, anche di dover mettere mano al portafoglio per effettuare tutte le bonifiche del caso. «Fino ad oggi non ci si era mai posti il problema di che cosa ci fosse nei suoli – ha commentato il tecnico Patrizia Alberici ieri mattina in commissione consiliare –, ma con il nuovo Poc vogliamo risposte».

COMMERCIO. Tra i temi che, proprio ieri mattina, hanno fatto discutere i consiglieri comunali sul piano per la Darsena, ampio spazio ha trovato anche quello relativo alle cubature concesse per costruzioni di tipo commerciale. La metratura massima resta quella di 1500 metri quadri, ma un unico progetto potrà godere di una deroga di costruzione fino a 10mila metri quadrati. Se si pensa che piazza del Popolo è circa 3mila, è evidente che si tratterà di un nuovo centro commerciale in stile Esp. L’unica idea di tali dimensioni, per la quale esiste anche uno specifico Pua, è quella faraonica presentata della Cmc nel 2010. Resta da vedere se, in tempo di crisi, le intenzioni della cooperativa non siano mutate.