Cmc, il dg Macrì: "Grandi opere in Italia? Meglio fuggire"

Il direttore generale del colosso delle costruzioni: "Vincono sempre i no"

Roberto Macrì di cmc

Roberto Macrì di cmc

Ravenna, 12 ottobre 2016 - Roberto Macrì, 55 anni, romagnolo, direttore generale della Cmc, colosso (rosso) delle costruzioni specializzato negli scavi sotterranei. Radici a Ravenna, nel mondo. Ottomila dipendenti, relazioni in 25 Paesi. Tre miliardi e mezzo di ordini e 1 miliardo e cento di fatturato, costruito al 60% fuori dall’Italia. Vittoria o sconfitta?

Sorride amaro: «Un’assicurazione sulla vita. Nel 2008 eravamo ancora rovesciati, l’estero contava solo il 30%; il fatturato arrivava a seicento milioni. Nel 2018 sarà 80 fuori e 20 in casa. Tra un anno e mezzo in Italia finiranno i grossi lavori, concentrati al Sud».

Più che grandi opere da rilanciare qui siamo alla grande fuga. Guardando indietro, quali sono stati i primi cantieri nel mondo?

«Laos, Sud Africa, Angola. Era il 2008. In Italia andava ancora decorosamente. Alta velocità, Salerno-Reggio, 700 milioni di portafoglio sul ponte di Messina... Ma il nostro direttore di allora, Vittorio Morigi, non voleva rinunciare ai lavori fuori. Grande dibattito interno. Lui aveva 70 anni e stava per andare in pensione. Quasi profetico. Se lo sentiva che l’Italia avrebbe avuto un freno».

Paese triste, l’ha definito in un’intervista al Corriere Salini, che guida la più grande impresa italiana di costruzioni.

«Sono d’accordo eccome, l’ho detto in tempi non sospetti. Veramente abbiamo realizzato tutte le congiunture astrali possibili».

Tipo.

«Sicuramente mancano le risorse. Il clima politico è quello che è. Qualsiasi cosa piccola o grande apre un dibattito, vincono sempre quelli che dicono no. Mi sono arreso. Ho smesso di combattere a Ravenna, ogni volta che c’è un tombino da aprire mi trovo sui giornali a discutere. La politica non ha la forza di portare avanti le cose».

Il ponte di Messina.

«Sono stato in consiglio 5 anni nel consorzio Eurolink. Berlusconi ci ha dato il contratto, Di Pietro raccontava che non l’avrebbe fatto, è tornato Berlusconi e ce l’ha ridato, poi Monti.... Un giorno il nostro partner giapponese arriva con un altro che si siede dietro. Gli chiedo, chi è? E lui: il mio capo. Non riuscivo più a raccontargli quel che accade in Italia».

Quindi era meglio lavorare con Berlusconi?

«Più che Berlusconi era il suo ministro che portava avanti i progetti. Un governo non può cambiare idea di continuo. Ho una figlia di vent’anni e le ho detto, scappa quando puoi».

Guardando all’estero: quali sono i cantieri più importanti?

«Abbiamo appena concluso una centrale da 1200 megawatt in Sud Africa, impianto di pompaggio da un miliardo e duecentomila euro. Oggi stiamo lavorando in Kenya, siamo appena partiti con un lotto della tangenziale a Stoccolma, lavori da 400 milioni. Ancora: un impianto idroelettrico in Laos, l’acquedotto di Beirut...».

Gli italiani pensano: grandi opere grandi tangenti. Gliel’hanno mai chieste?

«Mai capitato».

Non c’è un sistema malato? Non è necessario adeguarsi?

«Penso all’Italia, non so come fosse prima. Ma dagli anni Duemila il mercato è poverissimo. Non si guadagna».

In altre parole, non c’è più neanche lo spazio per rubare.

«Non posso escludere che queste cose accadano. Magari un funzionario pubblico che per spostare una carta...».

Alla ‘dama nera’, per capirsi.

«Ecco, quel sistema lì mi torna perfettamente. Quando è successo ho chiesto ai miei, ma noi questa la conosciamo? Anas è il nostro principale cliente. Invece non la conosceva nessuno. Non arrivava alle grandi imprese».

Invertendo la prospettiva: Cmc è stata coinvolta in diverse inchieste. In Italia è inevitabile?

«Un avviso di garanzia non si nega a nessuno».

Ha mai fatto politica?

«Mai».

Manager rosso?

«Io? No di sicuro».

Iscritto al Pd?

«Mai stato iscritto a un partito».

Magari ha votato per Berlusconi.

«Ni. Nel ’94 avevo un amico che si è candidato per la Lega e ho votato per lui».

Un eretico. Ha archiviato la famosa cinghia di trasmissione.

«La cinghia di trasmissione dovrebbe funzionare in entrambi i sensi. Ma io non riesco a capirla».