«Con questo piano industriale diamo un futuro alla Cisa»

Intervista con Lucia Veiga Moretti, presidente di Allegion Europa, dopo l'accordo sulla riorganizzazione dell'azienda

Lucia Veiga Moretti, presidente di Allegion Europa

Lucia Veiga Moretti, presidente di Allegion Europa

LUCIA Veiga Moretti, presidente di Allegion Europa (la multinazionale proprietaria della Cisa) è visibilmente soddisfatta dell’accordo raggiunto sulla riorganizzazione industriale della Cisa. Ci accoglie nella sede di via Oberdan mentre dalle Marche arrivano i risultati della votazione dei lavoratori dello stabilimento di Monsampolo. Accordo approvato con larga maggioranza, Faenza deve ancora arrivare. Ha un’agenda con l’immagine di piazza del Popolo: «Faenza è la città dove ho scelto di vivere – spiega –, l’ho chiesto io, perché qui c’è la nostra azienda più importante».

E’soddisfatta dell’intesa?

«Considerando i tanti aspetti in gioco, il fatto di aver un accordo è molto positivo. E’ stato un processo lungo e complesso. Comprendiamo l’impatto sociale, ma Allegion vuole assicurare un futuro a Cisa. E sono contenta perché questo accordo garantirà un lungo e duraturo futuro per Cisa in Italia. E’ frutto di un lavoro che ha coinvolto tutte le parti e le istituzioni: il Ministero il presidente della Regione, Della Provincia, il Sindaco, i sindacati nazionali e locali e i lavoratori».

C’è chi teme che questa ristrutturazione sia solo la prima, che ce ne saranno altre, che si voglia solo portare via il marchio.

«Il piano industriale è stato studiato per mesi prima di essere presentato e sono convinta che questo darà un futuro a Cisa. È’ assolutamente necessario per la società cambiare i processi produttivi portando in Italia le nostre attività a valore aggiunto. Dobbiamo essere realistici: un industria meccanica che si sta trasformando in un’industria elettronica deve cambiare, i processi non possono rimanere gli stessi. Questa è la nostra risposta al futuro della Cisa in Italia. Sono convinta che con l’aiuto di tutti le parti interessate, la Cisa continuerà a giocare un ruolo di primo piano nel mercato dei sistemi di sicurezza in Italia e in molti altri paesi. Spero anche che il mercato dell’edilizia ci aiuti riprendendosi e che il sistema paese ci aiuti ricominciando a crescere. Il nostro settore è molto legato a questi due fattori: se c’è crescita, c’è edilizia e se si costruisce la Cisa vende».

Gli operai Cisa parlano di macchinari obsoleti, ma Ingersoll Rand ha avuto il controllo di quest’azienda per dieci anni. Perché non ha rinnovato, investito?

«Non posso rispondere per Ingersoll Rand, se non dicendo che è una multinazionale enorme e posso solo immaginare che avesse altre priorità. Per questo motivo, credo Ingersoll rand ha scorporato il settore della sicurezza dando vita ad Allegion. Ma Allegion è impegnata per Cisa e questo piano è la dimostrazione della nostra volontà di farla crescere. Cisa ricopre un ruolo importante in Allegion, in Italia abbiamo più del 25 per cento del mercato e c’è una tradizione che vogliamo continuare».

Cosa significa il «favorire la reindustrializzazione del sito di Cisa 1» di cui si parla nell’accordo?

«Parliamo del vecchio stabilimento che oggi è vuoto. Il coinvolgimento di terzi potrebbe essere un’opportunità per creare posti di lavoro».

E’ un’area interessata dalla bonifica del sottosuolo?

«Tutta l’area a sud e a nord della ferrovia è da bonificare. Noi siamo gli unici rimasti e quindi ce ne occupiamo noi. Il discorso va avanti da 10 anni e continuerà fino a quando le analisi sul sottosuolo non saranno negative. E nel caso il sito venga industrializzato, Allegion continuerà a farsi carico della bonifica».

Si parla di un nuovo sistema informatico, fra gli impiegati c’è allarme perché si teme che porti a nuovi esuberi.

«E’ il contrario. Se non lo facessimo i posti di lavoro sarebbero in pericolo! Investiamo 17 milioni, cambiare i sistemi informatici è solo una parte di questo investimento. Questo cambiamento ci serve per essere più veloci, più agili per rispondere alle esigenze del cliente. Solo così questi resteranno fedeli alla Cisa e noi avremo posti di lavoro. Dobbiamo creare valore in tutta la catena».

Il piano prevede il trasferimento del magazzino nel sito produttivo Cisa 2. C’è chi teme non ci sia spazio sufficiente per avviare davvero delle produzioni.

«Quello che proponiamo nel piano industriale è stato pensato e definito chiaramente. L’azienda ha dovuto rivedere il piano per arrivare a un accordo ed è stato in quel momento che abbiamo deciso di riportare a Faenza alcune lavorazioni e non l’avremmo fatto se non avessimo avuto lo spazio».

Un gruppo tanto grande non aveva alternative alla mobilità per 130 persone che sconvolge molte famiglie?

«Siamo molto sensibili a questo tema, non è mai facile affrontare queste situazioni e l’impatto sociale che ne deriva. Ma non facendo nulla il futuro sarebbe stato in pericolo. Abbiamo iniziato il processo con la consapevolezza che avremmo fatto tutto il possibile per minimizzare questo impatto e abbiamo scelto la strada della concertazione. Pensiamo che questo piano dia almeno il tempo di cercare opportunità al di fuori di Cisa. A parte i 30 mesi di incentivo e i 12 mesi di cassa integrazione che integreremo con 400 euro, stiamo cercando anche un ammortizzatore sociale dal governo e, sosterremo gli esuberi nella ricerca del lavoro».

Lei ha esperienza internazionale, qual è la differenza nel fare l’impresa in Italia rispetto ad altri Paesi?

«Sono da 30 anni fuori dal Brasile, ho vissuto e lavorato negli Usa, in Francia e ora in Italia. Credo che la sfida nel business non sia diversa in Italia rispetto ad altri Paesi, anche se ciascun Paese ha le sue caratteristiche. Credo che l’Italia abbia un potenziale enorme. E’ un Paese che ha voglia di creare anche se la burocrazia è un ostacolo. E in questo caso parlo da semplice cittadina che vive in città e che incontra questi ostacoli nella vita di tutti i giorni: non potevo credere a quanti fogli ho dovuto firmare solo per aprire un conto corrente».