Giovedì 25 Aprile 2024

Giorgio Bottaro: «Rifaccio le valigie L’Acmar? Non sparirà»

Dopo aver portato il basket in A2 Silver, il supermanager sportivo se ne va: «L’Acmar non deve morire»

Giorgio Bottaro (Foto Zani)

Giorgio Bottaro (Foto Zani)

Ravenna, 1 febbario 2015 - Giorgio Bottaro è il supermanager sportivo che un po’ tutta Italia ci invidia. La sua carriera è iniziata a Ravenna all’ombra di Giuseppe Brusi — suo grande mentore — nell’epoca dei grandi investimenti del gruppo Ferruzzi nel volley, e poi si articolata sui tre sport di squadra, dal Parma calcio al volley (Lega pallavolo femminile, Macerata e Milano) fino al basket (Roma). Tornato a Ravenna ha portato l’Acmar basket a traguardi impensati e impensabili, e ha gestito anche il Ravenna calcio da dietro la scrivania. Michele Uva, altro supermanager e compagno di viaggio alla Legavolley, al Parma e a Roma, si è ricordato di Bottaro quando il presidente della Federcalcio Tavecchio lo ha assunto col ruolo di direttore generale. Dopo i rumors, 24 ore fa ecco l’annuncio ufficiale. Bottaro lascia Ravenna di nuovo per la Figc.

Scusi Bottaro, perché va via da Ravenna dopo appena tre stagioni da direttore generale del sodalizio di basket cittadino?

«Purtroppo la stabilità che mi offre la Figc non sono riuscito a trovarla qui a Ravenna, la mia città. Divento dipendente della Federcalcio con un contratto a tempo indeterminato, il primo della mia vita».

Quanto tempo ci ha messo per decidere?

«La proposta mi è arrivata ad agosto 2014; la decisione l’ho presa a fine dicembre».

Quattro mesi per dire di sì alla Figc e ad un contratto a tempo indeterminato? Sembrano un po’ tanti...

«Lo so, sono tanti. Per quel posto c’era la fila. Ho tergiversato nella speranza, forse non comprensibile per tutti, che potesse succedere qualcosa».

Però, alla fine, ha scelto di rifare le valigie. Non si sente un po’ un traditore dopo che le era stato assegnato anche un ruolo importante nella rinascita del Ravenna calcio?

«Non ci ho dormito la notte. Ho condiviso questo fortissimo disagio con Roberto Vianello, il presidente dell’Acmar basket».

E Vianello cosa le ha detto?

«‘È una grande opportunità che non posso precluderti’. Vianello è stato un grande. Sì, un grande uomo e un grande presidente».

In due parole come definirebbe la sua esperienza all’Acmar basket?

«Due parole sono poche. Quando sono arrivato, il mio motto è stato: lavoriamo per durare nel tempo. Così ho puntato tutto sull’abbassamento del budget, sui giovani e sulla territorialità».

Scommessa vinta?

«Faccia lei... Promozione in Legadue, Coppa Italia di serie B, scudetto under 19, 800 abbonati dai 29 del primo anno. Senza dimenticare il ruolino di quest’anno, con la squadra prima in classifica, qualificata per la final four di Coppa Italia e il PalaCosta costantemente sold out».

Il segreto?

«Prima di tutto i valori umani, poi quelli tecnici. Non ho mai aggregato la gente promettendo un progetto vincente, ma solo un sistema di valori di alto profilo».

Eppure lei passa per essere un vero incantatore di serpenti...

«Lo prendo come un complimento perché so che, quando parlo alle persone, posso portarle dalla mia parte perché dico cose vere e di sostanza».

Quale sarà il suo compito in Federcalcio?

«Sarò il responsabile organizzativo di tutte le 11 nazionali giovanili, dalla under 21 alla under 15 femminile, compreso il beach soccer. Il budget annuo sarà di 10-11 milioni di euro e avrò al mio fianco 30 collaboratori».

Cosa ha detto a Tavecchio quando vi siete incontrati?

«Presidente, guardi che io non ho esperienza, ho sempre gestito squadre di club, e poi sono fuori dal mondo del calcio dal 2002».

E lui?

«‘Meglio così mi ha risposto».

Cosa serve per fare il manager sportivo di successo?

«Si impara sul campo. Certo, la scuola ti dà gli strumenti, ma sul campo impari a dialogare e a confrontarti con le persone».

Cosa la spaventa di Roma?

«Il presenzialismo, il dover frequentare certi ambienti, i circoli... Io sono un operativo».

Quando comincerà?

«Da oggi inizia il contratto. Fino a maggio lavorerò da lunedì a mercoledì a Roma; mentre dal giovedì alla domenica sarò a Ravenna per seguire il basket. Per il Ravenna calcio, purtroppo non ho più tempo. Da giugno il mio impegno in Federcalcio sarà full time, anche se il presidente Vianello mi ha chiesto uno sforzo, ovvero di fare la squadra anche per la prossima stagione».

Bottaro, è consapevole che questa diventa una notizia?

«Notizia?».

Sì, perché significa che l’Acmar Ravenna non scomparirà.

«Sono fiducioso».

Ma il problema del palasport resta insormontabile.

«Prima o poi Ravenna dovrà arrivarci. Se non è ancora questo il momento giusto, va comunque messo in agenda per quando le condizioni cambieranno. E il fatto che se ne parli è importantissimo».

Benché lei non abbia tessere di partito, il suo orientamento politico di centro-sinistra non è un mistero. Perché, quattro anni fa, non ha accettato di entrare in politica come assessore allo sport.

«No comment».

Suvvia...

«Diciamo che i tempi della politica non sono i miei tempi: ho bisogno di operatività a stretto giro».

Ok, risposta diplomatica da navigato incantatore di serpenti. Ma il manager Bottaro è proprio un re Mida o ha anche qualche sconfitta nel proprio curriculum?

«Diciamo che ho un rammarico».Legato a Ravenna?

«Sì, non sono stato capace di realizzare una sintesi fra le due anime della pallavolo femminile della città. Il cruccio è quello di non essere stato in grado di far comprendere loro le potenzialità di un linguaggio comune. Però sono un inguaribile ottimista, e prendo questa delusione come una esperienza formativa».