Tunisino dell'Isis ucciso in Siria: "La ‘recluta’ è partita da via Maggiore"

La testimonianza dello scrittore algerino Tahar Lamri, che da trent'anni vive a Ravenna, sul fenomeno dei ‘foreign fighters’

Lo scrittore algerino Tahar Lamri

Lo scrittore algerino Tahar Lamri

Ravenna, 26 febbraio 2015 - TAHAR Lamri, scrittore di origini algerine, vive a Ravenna da quasi trent’anni: inevitabile chiedergli qualcosa dei fatti che negli ultimi giorni hanno legato Ravenna all’Isis .

 

Che effetto le fa sapere che alcuni uomini che hanno abitato a Ravenna sono morti in Siria?

«Mi impressiona. Due o tre mesi fa, in stazione, ho sentito un dialogo tra due tunisini, che non conoscevo. Parlavano di un loro conoscente partito per la Siria: ‘Sono venuti a prenderlo in macchina in via Maggiore’, diceva uno di loro. Mi ha impressionato sentir mettere in relazione la Siria con via Maggiore, dove cammino spesso, dove ci sono i bar, le edicole, i turisti».

Ma cosa spinge una persona che vive in Europa, magari apparentemente integrata, a partire per combattere con l’Isis?

«Anche i soldi: se non sbaglio, uno degli uomini di cui avete scritto aveva perso il lavoro. Detto questo, il fenomeno non è una novità: dal 2011, quando scoppiò la rivoluzione in Tunisia, molti giovani andarono là a combattere da altri paesi arabi. Era inevitabile che prima o poi succedesse anche in Europa. Come noto, sono partiti molti francesi. E tra questi ci sono anche francesi-francesi, non figli di immigrati. Ho letto alcune delle loro storie: raccontavano che erano state mostrate loro le sofferenze della gente, e si erano sentiti in dovere di partire».

Pensa che le notizie sugli jihadisti ‘ravennati’ avranno un impatto sul rapporto tra la comunità islamica e la città di Ravenna?

«Per fortuna gli individui sono, per così dire, più ragionevoli dei media: scrivere è, inevitabilmente, un’opera di selezione, e questo è un bene, ma a volte chi legge non riceve tutte le sfumature. Certo, a Ravenna c’è paura: non credo che le persone accusino direttamente la moschea, ma possono pensare che il rischio di certe infiltrazioni ci sia. In più ci sono politici che ci marciano per avere qualche voto, e questo può penalizzare anche gli immigrati non musulmani».

Come evitare che la tensione salga?

«L’unico modo è conoscersi: io sono musulmano, e i miei amici non pensano certo che io sia un integralista. Ma io capisco perfettamente chi ha paura: ci sono stati eventi terribili, Parigi, Copenaghen. Eventi che sono stati ‘firmati’ dai terroristi

C’è chi dice che l’Islam moderato non esiste.

«Esiste l’Islam e basta. Il problema è che i musulmani non hanno saputo separare la religione dalla storia del potere nell’Islam, che è nera e insanguinata come tutte le storie di potere. Sento dire ‘L’Islam è buono, è una religione di pace’. Ma chi dice questo, per me, è allo stesso livello di chi dice che non esistono musulmani moderati, perché tappa la bocca a me che voglio parlare anche della storia di potere. Sono due stereotipi contrapposti, e ugualmente sbagliati».