Pneumatici, mobili e stoviglie: i Fiumi uniti sono una pattumiera

Viaggio tra i rifiuti portati dalla mareggiata

La condizione dei Fiumi Uniti dopo il maltempo

La condizione dei Fiumi Uniti dopo il maltempo

Ravenna, 4 marzo 2015 - Dopo le mareggiate di inizio febbraio, alla foce dei Fiumi uniti è rimasta una pattumiera. Sul lato nord del corso d’acqua, a ridosso dei capanni più vicini alla foce, una conca si è riempita non solo di detriti e canne, ma di materiali di ogni genere: pneumatici, elettrodomestici, mobili, stoviglie di ceramica, bottiglie, taniche, boe marine, palloni da calcio, una grande quantità di materiale da coibentazione.

Uno scenario poco rassicurante dal punto di vista ambientale, proprio mentre sui capanni nella golena del fiume è in corso l’ennesimo braccio di ferro. Il Servizio tecnico di bacino ha messo nel mirino le strutture che poggiano direttamente sul terreno della golena, e non sono quindi costruite su palafitte (come invece è, per esempio, l’ormai famoso capanno storico del Pci). Il 19 febbraio si è tenuto un incontro tra il dirigente del Servizio Claudio Miccoli e la cooperativa Cofuse, che riunisce i capannisti dei Fiumi Uniti. «L’impatto idraulico di questi capanni non è sostenibile – spiega Miccoli –. Le strutture ostruiscono il deflusso dell’acqua. Basti pensare a quanto successo a inizio febbraio: con una piena generata da solo il 50 per cento del bacino idrografico (sopra una certa quota c’era la neve), molti capanni sono finiti sott’acqua».

Insomma, il Servizio tecnico di bacino è intenzionato a non rilasciare la concessione, «che – sottolinea Miccoli – vale anche come nulla osta idraulico: non possiamo prenderci questa responsabilità». La richiesta è che le strutture vengano demolite e ricostruite con un impalcato che arrivi almeno all’altezza della sommità dell’argine. Solo in questo caso verrebbe rilasciata la concessione, ferma restando la necessità dell’autorizzazione edilizia da parte del Comune. Ma i capannisti non ritengono che esistano i rischi prospettati da Miccoli. Cristina Amadori, che fa parte del consiglio della cooperativa, Cofuse, assicura: «Abbiamo commissionato all’ingegner Bizzoni, dell’università di Bologna, uno studio sull’impatto idraulico dei capanni. Ci ha spiegato che la presenza delle strutture determina un innalzamento del livello dell’acqua di appena una decina di centimetri». I costi della demolizione e ricostruzione, peraltro, sarebbero proibitivi: «In alcuni casi servirebbero 100 mila euro – dice la Amadori –. Molti capannisti sono anziani: chi spenderebbe quella cifra per appena nove anni di concessione?». Miccoli si è reso disponibile a incontrare l’ingegner Bizzoni nei prossimi giorni.

Nel frattempo, dalla Regione arrivano i finanziamenti per i lavori di somma urgenza necessari dopo le mareggiate e le inondazioni del 5 e 6 febbraio: 320 mila euro per il «ripristino delle condizioni a tutela della pubblica utilità» a Ravenna, 200 mila per il ripristino dell’arenile e delle dune di protezione sui lidi ravennati e cervesi, 150 mila per gli argini del Savio a Castiglione, 160 mila per i danni agli argini del Lamone e del Santerno, 80 mila per il ripristino del sistema drenante alla chiusa di Errano, a Faenza.

E un lettore segnala di aver trovato, a Lido di Savio, il corpo di una tartaruga, «deceduta durante l’alluvione».