Ravenna, 26 settembre 2013 - IL PARTITO repubblicano di Ravenna rischia di essere commissariato. La rottura con i vertici nazionali e il segretario Francesco Nucara dura da oltre dieci anni: i repubblicani ravennati hanno sempre contestato la scelta di allearsi con Berlusconi (e infatti, a Ravenna, il Pri fa parte della maggioranza di centrosinistra).

Una rottura che sabato si trasformerà in uno scontro aperto: la segretaria provinciale Luisa Babini è stata convocata a Roma, dove la direzione nazionale discuterà l’ipotesi di commissariamento. Una misura drastica, che segue la decisione, da parte dei ravennati, di non partecipare al congresso nazionale. Nonostante il pessimo risultato elettorale, infatti, Nucara non si è voluto dimettere, cosa che gli era stata chiesta dalla federazione di Ravenna, in una lettera che conteneva una serie di altre richieste (fra cui maggiore trasparenza sui tesseramenti e sulla situazione patrimoniale e finanziaria del partito). Ma la lettera è rimasta senza risposta, e per questo si è andati allo scontro totale. Se la risoluzione proposta dalla segreteria nazionale sarà approvata dalla direzione, i vertici ravennati dell’Edera saranno destituiti, e da Roma arriverà un commissario.

LUISA Babini, numero uno dell’Edera in provincia, è furibonda: «Il commissariamento non sta né in cielo né in terra — scandisce. — Spero che nel partito sia rimasto un minimo di buon senso: Nucara non si sta comportando da segretario, ma da padrone del Pri».
È la resa dei conti finale tra i repubblicani. La rottura tra Ravenna e Roma è datata 2001, quando il Pri nazionale (all’epoca guidato da Giorgio La Malfa) decide di allearsi con la Casa delle libertà di Silvio Berlusconi. A Ravenna — uno dei pochissimi territori in cui l’Edera mantiene una sua nicchia di elettori — buona parte della base si ribella: «Mai con la destra». In provincia compaiono manifesti del Pri che invitano a non votare per il centrodestra. La spaccatura si trascina fino alle elezioni dello scorso febbraio, quando il ritorno del simbolo dell’edera sulle schede elettorali si risolve in una Caporetto: solo in due regioni (Emilia-Romagna e Sicilia) viene raccolto un numero di firme sufficiente a presentare le liste, e i risultati restano abbondantemente sotto l’1 per cento. A Ravenna, gli anni del 20 per cento — e dei sindaci repubblicani Cicognani, Benelli e Bini — sono lontanissimi.

Arriva il congresso nazionale, e lo scontro continua. «Nel documento inviato a Roma — spiega la Babini — abbiamo chiesto poche semplici cose: innanzitutto, che si dichiari conclusa l’esperienza con il centrodestra e con Berlusconi. In secondo luogo, che Nucara si dimetta. Infine, che ci vengano date indicazioni chiare e ufficiali sul bilancio, che non conosciamo, e sul tesseramento: perdiamo ogni congresso raccogliendo appena il 10 per cento dei voti, ma i nostri tesserati sono veri, le quote vengono pagate tutti gli anni. Questo vale per tutti?».

ALLE RICHIESTE non arriva risposta. Di qui, la scelta di disertare il congresso, «condivisa da tutta la direzione provinciale, con un solo voto contrario e un’astensione». E la successiva ‘rappresaglia’ romana, ovvero la proposta di commissariamento: «Non ce l’aspettavamo — dice la segretaria. — Per quale motivo vorrebbero commissariarci? Per aver espresso una posizione politica?».
Che lo strappo sia definitivo lo testimonia la decisione, da parte del ravennate Paolo Gambi, di dimettersi dalla direzione nazionale. Eugenio Fusignani, ex assessore provinciale, taglia corto: «La richiesta di commissariamento è la comica finale. Comunque nessun commissario metterà piede nella mia sezione».

Francesco Monti