Faenza, 15 gennaio 2014 - OGGI sarebbe stato il suo 44° compleanno. Greta Sangiorgi invece non ce l’ha fatta e il 26 dicembre, dopo una lunga battaglia contro una maledetta epatite C, se n’è andata. La sua bellezza, i familiari la possono ancora ricordare nelle tante foto che la ritraggono nell’album di famiglia. Abbiamo incontrato la mamma, Jolanda Pezzi, e una delle due sorelle, Samantha; l’altra è Federica.

È stato ricostruito come Greta possa essersi ammalata: probabilmente durante una vacanza in Sardegna, quando si era fatta tatuare una spalla; in passato le misure di sicurezza su queste ‘operazioni’ erano decisamente inferiori rispetto al giorno d’oggi. «Greta andava fiera di quel tatuaggio — raccontano mamma e sorella — e invece è stato l’inizio della sua fine». Greta ha lottato, anche per suo figlio, per 18 lunghi anni: un tempo enorme, fatto di speranze e delusioni, qualche lieve miglioramento e poi il tracollo avvenuto qualche giorno prima di Natale, sino ad arrivare al giorno di Santo Stefano quando ha tenuta per mano per l’ultima volta Samantha.

La storia di Greta è esemplare per raccontare non solo il suo calvario e quello di un’intera famiglia, ma anche la speranza di trovare un fegato ‘nuovo’. «Speravamo in un nuovo organo, così da riavere con noi Greta. Purtroppo, sembra che non ci sia ancora una cultura per la donazione di organi. Quando è stata diagnosticata l’epatite, Greta è stata seguita nel reparto Medicina donne dell’ospedale faentino, dove lavorano persone eccezionali: medici, infermiere e altro personale, tutti dotati di una straordinaria umanità. Effettuava controlli, veniva sottoposta a terapie e la cosa è andata avanti per circa 15 anni, tra alti e bassi.

Poi, 3 anni fa, il fegato ha ceduto e Greta è stata inserita nella lista nazionale per ricevere un fegato nuovo; la lista è lunghissima e varia a seconda della gravità del paziente. Niente. Poche donazioni, e Greta non era così grave da essere inserita in cima alla lista: quasi un paradosso, sperare di vedere un figlio star male per avere la possibilità di ricevere un nuovo organo. A luglio, un episodio che ci ha molto amareggiato: Greta venne sottoposta a una visita e inspiegabilmente la commissione medica dell’Asl decise di toglierle l’accompagnamento, perché, ci fu detto, in base a ciò che si evinceva da parametri e analisi stava meglio. Dopo poco, un peggioramento: il sangue di Greta, che ormai aveva il fegato devastato dalla cirrosi epatica, veniva filtrato artificialmente».

«Il 29 agosto — ricorda Samantha — ero in vacanza in Croazia e venni avvertita che le condizioni erano precipitate e che Greta era stata ricoverata in ospedale. C’è rimasta sino al 26 dicembre, quando è venuta a mancare. Pochi giorni prima di morire, ci diceva di essere stanca e di non farcela più, perché quella non era più una vita. Siamo comunque convinte che, se Greta non fosse stata seguita così bene all’ospedale di Faenza, sarebbe morta 5 anni fa. Così crediamo che il presidio faentino sia fondamentale per il territorio».

Antonio Veca