Ravenna, 10 aprile 2014 - «Possono indagare quanto vogliono e cercare nel computer o in altri posti. Quello che c’era da scoprire sta tutto lì, in quelle intercettazioni riportate nell’ordinanza. Non c’è nulla d’altro da scoprire. Non ci sono altri ragazzi…»: è questo, in sintesi, il portato del lungo colloquio che don Giovanni Desio ha avuto ieri in carcere con il suo difensore, l’avvocato Battista Cavassi.

In sostanza il religioso ha affidato al legale la propria ammissione perché se ne facesse interprete anche nei confronti del pubblico ministero inquirente per spiegare la scelta di non farsi interrogare. Il difensore deve aver adeguatamente rappresentato all’indagato il vantaggio processuale che potrebbe derivare da un’ampia ammissione di fatti che ancora la polizia giudiziaria deve scoprire. «Non c’è nulla da scoprire. Quanto era da scoprire è già venuto alla luce del sole» avrebbe detto don Desio.

D’altronde le intercettazioni dei messaggi on line effettuate dalla Squadra Mobile nel corso dell’indagine lasciano ben poco spazio all’immaginazione, a meno che non si volesse pensare che certe cose siano state dette per sola vanteria. Così adesso, con quella comunicazione affidata ieri al suo difensore, il formale silenzio tenuto lunedì dal sacerdote davanti al gip acquista sostanzialmente il valore di un assenso all’accusa.

La visita che l’avvocato Cavassi ha fatto al suo assistito si è protratta per quasi un’ora ed ha avuto soprattutto il significato di un atto di vicinanza umana e morale al religioso che da questa vicenda giudiziaria è stato decisamente annientato. L’avvocato, quando è entrato in carcere, aveva con sé due libri, ‘Delitto e Castigo’ di Fedor Dostoevskij e ‘Lord Jim’ di Joseph Conrad.

«Don Desio mi aveva chiesto qualche libro da leggere e ho preso con me questi due testi. D’altronde nella narrazione i protagonisti lasciano segni ben tangibili delle loro azioni». Come don Desio. La Squadra Mobile prosegue le indagini: analisi del materiale sequestrato e esame testimoniale di altri ragazzi.