Racket del marciapiede, 4 arresti

Fermate 2 coppie di bulgari: estorcevano denaro sull’Adriatica

Un carabiniere mostra la foto degli arrestati (foto Zani)

Un carabiniere mostra la foto degli arrestati (foto Zani)

Ravenna, 22 giugno 2016 - Nell’ambiente della prostituzione la chiamavano ‘Kami’, ma per chi la temeva era piuttosto ‘la bulgara’. Di certo Kameliya Kostova Vasileva, 35 anni segnati dai tanti trascorsi sul marciapiede, era l’ape regina della statale Adriatica. Lei quella che tirava i fili, lei a decidere chi dovesse prostituirsi e a quali condizioni. «Se volete stare qui pagate 100 euro al giorno. Noi siamo i capi, se non pagate vi faccio spaccare le gambe».

Il tenore degli avvertimenti era questo. Fino a quando una delle lucciole ha registrato le minacce, consentendo ai carabinieri della compagnia di Cervia-Milano Marittima di sgominare il gruppo che da inizio giugno si era reso protagonista di una serie di aggressioni a prostitute e transessuali, talvolta ricorrendo a veri e propri pestaggi, finalizzate a estorcere denaro in cambio della possibilità di occupare le piazzole sulla ‘ss 16’. Il fermo – chiesto dal pm Marilù Gattelli – è scattato per due sorelle bulgare – Kameliya e Antoaneta Vasileva – e i rispettivi compagni: Rumen Chakarov, 35 anni, e Svilen Genchov Iliev, 42enne. Le accuse, a vario titolo e in concorso, sono tentata estorsione, lesioni e rapina impropria. Come nelle migliori famiglie, le coppie si dividevano i compiti: le donne minacciavano le colleghe, chiedendo il denaro; gli uomini, residenti in Bulgaria, facevano la spola con l’Italia e arrivavano appositamente in riviera per dare corpo alle ‘promesse’ delle consorti. Tradotto, picchiare e bastonare.

Tre gli episodi denunciati dalle vittime, tutti a stretto giro e tutti accaduti all’altezza di un distributore di carburanti a Savio. Il primo la notte del 9 giugno, quando una decina di persone, tra cui i quattro fermati, giunti a bordo di tre auto, avevano malmenato otto prostitute tra cui due trans ai quali Kameliya aveva detto: «Vieni qua frocio adesso ti spacchiamo le gambe, tu non lavori più qui in Italia». Mentre una lucciola era stata presa a calci. Alle violenze si erano aggiunte le minacce, esibendo anche una pistola. Il 15 giugno le due donne erano tornate per rinnovare la minaccia, anche di morte, e la richiesta dei 100 euro, tirando le prostitute per i capelli. I carabinieri – da anni attenti al fenomeno della prostituzione in strada – sono entrati in azione la notte del 16, quando le violenze registrarono una escalation. Un transessuale bulgaro era stato buttato a terra e pestato, preso a calci nello stomaco fino a provocargli lesioni interne, per una prognosi iniziale di 20 giorni, mentre all’ultimo era riuscito di parare una colpo alla testa rivoltogli col calcio della pistola. Inoltre gli era stata portata via la borsa con dentro oggetti in oro e cento euro, da cui l’accusa di rapina per Rumen Chakarov. A quel punto i militari hanno effettuato ricerche a tappeto per tutta la costa, le vittime hanno riconosciuto attraverso le foto-segnaletiche i loro aggressori che, nel giro di poche ore, sono stati rintracciati in un albergo di Cesenatico dove le due donne erano domiciliate. A differenza che per i fidanzati, per le signore il gip Piervittorio Farinella non ha convalidato il fermo ritenendo non ci fosse pericolo di fuga.

Ma Kamelia, la kapò del gruppo – al pari dei due uomini per i quali il pericolo di fuga era concreto – è finita comunque in carcere in ragione del suo curriculum: da cinque anni dedita al business dello sfruttamento, da Rimini a Casal Borsetti, ma i carabinieri più anziani la ricordano giovanissima, quando batteva l’Adriatica. La sorella, in posizione più marginale, ha solo l’obbligo di firma. Lei si limitava a portare in auto Kameliya e a riporre in auto la pistola, dopo avere ‘invitato’ le ragazze a lasciare la piazzola.