Politica, fuori dalla cultura

di Francesco Monti

Francesco Monti

Francesco Monti

Ravenna, 21 novembre 2014 - Le motivazioni con cui la giuria internazionale ha bocciato il progetto Ravenna 2019 sono un messaggio forte e chiaro. Sulla «direzione artistica collettiva» lo staff di Alberto Cassani aveva costruito tutta una filosofia, ma la commissione guidata da Steve Green è stata netta: così non poteva funzionare.

Serviva un vero direttore artistico, come quello (di fama internazionale) scelto da Matera a inizio 2014. Non che sia stata un’invenzione dei lucani: a indicare la necessità di questa figura era stata la stessa commissione giudicante, nelle raccomandazioni inviate alle sei finaliste all’indomani della pre-selezione, un anno fa.

Ravenna non ha recepito adeguatamente il suggerimento, e – non solo per questo – ha perso.

Certo, la giuria riconosce il valore di molti tra i progetti messi in campo: dalla Darsena all’idea di un ‘Mosaico di culture’, da palazzo Rasponi alla valorizzazione dell’anima multiculturale della città (la visita della giuria a Lido Adriano sembra essere stata apprezzata). Tutte idee su cui continuare a lavorare sodo.

Ad azzopparci, invece, è stata la struttura scelta per guidare la candidatura: una struttura guidata da un politico. Abbiamo sbandierato come un vanto il mancato coinvolgimento di personalità da fuori città, ma alla fine ha vinto Matera, che aveva scelto come coordinatore il torinese Paolo Verri, e come direttore artistico il francese Joseph Grima. Insomma, alla fine sembra che a ‘fregarci’ sia stato il nostro eterno difetto: il provincialismo. C’è di che riflettere.