Paolo Cognetti, doppio appuntamento con la voce dei monti

Lo scrittore sarà alle 18.30 a palazzo Rasponi e alle 21 al salone estense Lugo

Lo scrittore Paolo Cognetti

Lo scrittore Paolo Cognetti

Ravenna, 1 marzo 2017 - Con la storia di due amici e una montagna, lo scrittore milanese Paolo Cognetti – classe 1978 – ha centrato un obiettivo che ben pochi colleghi italiani riescono a eguagliare. Essere tradotto in trenta Paesi, tra cui Stati Uniti, Spagna, Francia, Polonia, Finlandia, Danimarca, Corea del Sud e Canale, con il suo primo romanzo best seller ‘Le otto montagne’, edito da Einaudi. L’autore presenterà la sua ultima fatica in un doppio appuntamento: oggi pomeriggio alle 18.30 a Palazzo Rasponi di Ravenna, nell’ambito della rassegna letteraria ‘Il tempo ritrovato’ e stasera alle 21 al Salone Estense della Rocca di Lugo. 

Paolo Cognetti, qual è il segreto del successo del suo libro?  «Credo abbiano influito diversi elementi. Anzitutto racconta una storia universale a cui chiunque può appassionarsi. Anche la scelta di ambientarlo in montagna, che non è solo neve e dirupi, creste e torrenti, laghi e pascoli, ma anche un modo di vivere, penso abbia aiutato. In ultimo, la semplicità della scrittura: il mio pulire e togliere, aiuta a capire». 

Andando alle origini, come nasce la sua passione per la scrittura? «Durante l’adolescenza, anche se dapprima si è manifestato come un grande amore per la lettura, non trasmesso dalla scuola, ma dall’incontro con trasgressivi scrittori americani come Jack Kerouac e Charles Bukowski. Ho cominciato a scrivere i primi racconti a 16 anni, età in cui però credevo di diventare un matematico».

Una svolta importante è stata la fuga dalla città…  «Sì. In un momento di grossi cambiamenti nella mia vita su più fronti, all’avvicinarmi dei trent’anni, ho sentito l’esigenza di riappropriarmi della montagna, quella della mia infanzia felice, dove non tornavo da troppo tempo. Oggi, sono riuscito a trovare un equilibrio e mi divido, durante l’anno, tra Milano e una piccola baita a 2 mila metri di quota, in Val d’Ayas, sopra Busson, in Valle d’Aosta. La montagna mi ha dato la giusta ispirazione. Non sono un eremita, ma in mezzo alla natura e agli animali, riesco a dedicarmi alla scrittura».

Definire esordio ‘Le otto montagne’ è un po’ azzardato… come è arrivato al romanzo?  «Per gradi, dopo tre raccolte di racconti. Ma in realtà già l’ultima ‘Sofia si veste sempre di nero’ è a metà tra il racconto e il romanzo. Poi ho scritto anche un saggio sull’arte di scrivere racconti ‘La pesca nelle pozze più profonde’, per cui sentivo di aver esaurito il genere e di voler sperimentare qualcosa di nuovo. Ma c’era anche in me l’urgenza di scrivere una storia che avevo in mente».

Quanto c’è di autobiografico nella sua storia di due amici in montagna?  «Molto, a partire proprio dalla montagna dell’infanzia, del ritorno da adulto, dalla Valle d’Aosta, dall’alto valore dell’amicizia. A livello personale ho qualche problema con le famiglie… Mi sembra che, in un mondo che celebra la coppia come unica dimensione affettiva, in realtà l’amicizia sia più sincera e preziosa, un valore un po’ dimenticato. Anche per questo mi piace, come molti lo hanno definito, che il mio sia considerato un romanzo classico».