Muore al corso di zumba, "Valentina era sempre attiva, un vulcano"

Il dolore della famiglia: "Ragazza sana e sportiva"

L’insegnante di italiano Valentina Melchionda fotografata  al parco

L’insegnante di italiano Valentina Melchionda fotografata al parco

Ravenna, 5 marzo 2015 - Un malore fulminante, oppure una patologia subdola e nascosta, di cui Valentina non era a conoscenza. Solo l’autopsia potrà fare luce sulle cause del malore fatale che ha tolto il respiro alla 39enne Valentina Melchionda (FOTO). Martedì sera è crollata sul parquet della palestra Gymnasium, facendole perdere conoscenza, quando mancavano cinque minuti alla fine del corso di Zumba, un’attività di fitness con musica latino americana. A nulla è valso l’intervento dei medici del 118, che per un’ora hanno cercato di rianimarla. La donna, una volta arrivata in ospedale, è deceduta. All’interno del centro sportivo ci sono dolore e incredulità. Primo tra tutti l’istruttore di Zumba, che ha visto Valentina morire sotto i suoi occhi.

Per questo, ieri, ha chiesto alla palestra di poter sospendere per una settimana il corso. Lo choc è ancora troppo forte. Il responsabile del centro, Amedeo Conti, parla di Valentina come di una persona solare e piena di vita. «Si era iscritta nella nostra palestra a settembre – racconta –, ma aveva stretto amicizia con tutti, perché veniva ad allenarsi praticamente tutti i giorni». Sotto il profilo della sicurezza, Conti, ci tiene a sottolineare come nessuno, al Gymnasium, possa fare attività fisica senza aver prima presentato un certificato medico. «È una battaglia che portiamo avanti da tempo – spiega –. Per quanto riguarda Valentina, si era presentata a noi non con un semplice certificato di idoneità, ma con una vera e propria visita medico-sportiva, completa di elettrocardiogramma. Non riesco proprio a capire che cosa possa essere accaduto».

A rispondere a questa domanda potrà essere solo l’autopsia. Intanto alla Gymnasium il ricordo del suo sorriso resterà indelebile. «Lunedì era arrivata dicendo: ci vediamo anche domani per il corso di pilates».

a.cic.

«VALENTINA era un vulcano in eruzione. E una ragazza sanissima. Ci sembra tutto così assurdo. Quasi uno dei suoi scherzi, che ci faceva stare in apprensione: ‘Mi sono addormentata, ora mi sveglio’. È tutto così incredibile, non abbiamo ancora metabolizzato». I familiari di Valentina Melchionda sono partiti ieri da Paola in provincia di Cosenza, dove dopo l’autopsia sarà riportata per i funerali. Con il padre Franco, ferroviere in pensione, e la madre Vanda Sonia Panaro, che i parenti chiamano ‘Mimì’, c’è anche lo zio Giuseppe, dal quale aveva raccolto la passione per l’insegnamento. In Calabria, nella città di San Francesco da Paola, è rimasta solo la zia, Adele Condino. Il suo dolore è immenso. 

MA CI TIENE a raccontare chi fosse Valentina, perché il suo nome non resti legato solo a una terribile disgrazia: «Una ragazza straordinaria, ha preso la laurea in Lettere con 110 e lode all’università di Arcavacata. Poi si è fatta la valigia e dalla Calabria è salita su. Era a Ravenna da dieci anni». Qui Valentina aveva raggiunto un importante traguardo: «Ha speso tutte le sue energie per l’insegnamento – racconta la zia Adele –. Il suo sogno è sempre stato quello di fare l’insegnante e lo aveva realizzato. Si è impegnata tantissimo nello studio, per superare il concorso e diventare di ruolo. E soprattutto adorava i suoi studenti. Tutti, nessuno escluso, di qualsiasi ceto sociale ed etnia. Li seguiva con amore sviscerato. Io la sentivo spesso e venerava suo zio, mio marito Giuseppe, che ha fatto l’insegnante per tanto tempo e con lui si scambiava pareri sul mondo della scuola».

Valentina Melchionda condivideva con un’amica un alloggio nel centro di Ravenna. La mattina si svegliava di buon ora per raggiungere Cervia e fare lezione all’istituto comprensivo. «Era in procinto di chiedere il trasferimento e tornare in Calabria – spiega la parente –. Ravenna le piaceva molto, ma diceva che è una città molto umida e il suo fisico ne risentiva».

Sport e fitness erano l’altra sua grande passione. Fisico atletico, corporatura media, un tenore di vita rigoroso. «Tornava a casa per le feste, l’ultima volta l’abbiamo vista a Natale. Non si dava tregua, sempre col sorriso sulle labbra e a disposizione di tutti. Andava col padre a fare lunghe passeggiate, le piaceva nuotare e andare in bici. Non dimostrava l’età che aveva». E nulla faceva presagire una simile disgrazia, un malore fatale durante l’allenamento di ‘zumba’. «Non ci risulta avesse alcun problema congenito. Per me – conclude la zia – è impensabile che questa ragazza possa essere caduta in palestra e non si sia potuto salvarla in nessun modo».

Lorenzo Priviato