Ammazzato sul Secchia, l’ultimo atroce dubbio dell’omicidio: Andrea è stato bruciato vivo?

Ieri l’autopsia per chiarire la dinamica della tragedia

Andrea Germini, 32 anni (Foto Artioli)

Andrea Germini, 32 anni (Foto Artioli)

Castelnovo Monti (Reggio Emilia), 21 agosto 2014 - Andrea Germini era già morto quando gli è stato dato fuoco? È uno dei nove quesiti a cui darà risposto il medico legale di Modena, Margherita Bettelli, incaricata ieri alle 12 di eseguire l’autopsia. Consulente della difesa, curata dall’avvocato Noris Bucchi, è stato nominato Sabino Pelosi. Andrea Germini, allevatore di 32 anni, è stato ucciso lunedì mattina (FOTO). Secondo quanto ricostruito dai carabinieri del Nucleo operativo di Castelnovo Monti, la vittima è stata colpita con un sasso e poi il suo corpo dato alle fiamme. Sono stati i carabinieri a spegnerle con l’estintore di servizio. Per il delitto è stato fermato Fettah Abdelkebir, 28 anni, marocchino, che lavorava nell’azienda agricola del suocero della vittima. 

Il sostituto procuratore Luisa Serranti, nell’affidare l’incarico dell’autopsia, ha posto richieste molto dettagliate. E tra queste c’è appunto la verifica sulle cause della morte: il colpo alla testa dato con la pietra potrebbe aver solamente stordito Germini, che sarebbe poi morto a causa del tentativo di bruciare il corpo. Un’ipotesi che è necessario vagliare. Altra richiesta riguarda il numero di colpi che sarebbero stati inferti alla testa di Germini: uno solo dovuto al lancio di un sasso da alcuni metri, come sostiene il marocchino, oppure di più?

I quesiti sono volti a verificare l’attendibilità della versione data dal marocchino quando è stato interrogato, per ben 12 ore, nella caserma dei carabinieri di Castelnovo Monti, subito dopo l’omicidio. Dettagli fondamentali che potrebbero cambiare — e di molto — la posizione di Fettah. Perché potrebbe essersi trattato di un tentativo di difesa, come ha sostenuto il 28enne. Germini avrebbe portato lo straniero in un luogo isolato sul greto del fiume Secchia, vicino ai Gessi Triassici, per chiedere un chiarimento su alcuni messaggi che il marocchino avrebbe mandato alla moglie della vittima. Da lì sarebbe nata una lite, sfociata poi nell’assassinio. 

Potrebbe, però, anche essere stato un omicidio premeditato: se venisse rilevata la presenza di liquido infiammabile, per esempio, lo straniero dovrebbe spiegare perché l’aveva portato con sé. Dubbi che solo l’autopsia potrà chiarire. Capìta più precisamente la dinamica di quanto accaduto quel maledetto lunedì mattina sulla riva del fiume Secchia, sarà più facile per gli inquirenti ricostruire il movente del delitto, che per il momento appare nebuloso e poco convincente.