Venerdì 26 Aprile 2024

Baby squillo, il memoriale choc: "Ero rassegnata, mi facevo schifo"

La ragazzina costretta a vendersi si sfoga: "Io non volevo. Mamma mi sgridò: ‘Non fare la bambina... ’"

Baby squillo

Baby squillo

Reggio Emilia, 20 gennaio 2015 - «Tutti i soldi venivano dati a mia mamma, solo uno dei clienti sapeva la mia età». Lo scrive di suo pugno, in stampatello, sui fogli a quadretti su cui ha raccontato con quella calligrafia acerba l’orrore vissuto nell’estate del 2012, quando, dice «sono stata costretta a vendermi».

Si chiude così il memoriale choc della ragazzina della Val d’Enza che sarebbe stata al centro di uno squallido giro di baby squillo, spinta dalla madre. Quell’«uno» di cui parla è l’amico di famiglia, un commerciante della zona, ora imputato per aver fatto sesso a pagamento con una sedicenne. Con lui c’è la madre, accusata del reato più pesante: sfruttamento della prostituzione minorile. Oltre a quel memoriale, c’è il suo racconto videofilmato dai carabinieri di Bibbiano. Un flusso di coscienza tradotto in trentadue pagine dattiloscritte. È tutto racchiuso lì dentro.

Fogli in cui racconta in prima persona l’orrore di quei giorni d’estate del 2012. L’aspetto rivoltante di alcuni clienti ai quali ha dovuto dare il suo corpo per poche centinaia di euro. Le loro case, i tatuaggi, l’interno delle loro auto. Tutto nero su bianco. Inchiodati dalla sua memoria formidabile. Non si scappa.

Lei ricorda ogni attimo. E il racconto raccolto dai militari mette i brividi«‘Dai, mettiamo un annuncio sul giornale’ mi disse un giorno la mamma. ‘Lo so che sei minorenne, ma non diciamo che è per te. Solo che è per una tua amica’. Io non ho mai voluto fare quelle cose. Ma lei mi ha portata a Reggio con una scusa. Siamo andate a prendere un gelato, poi ha parcheggiato l’auto e si è avvicinata al posto in cui prendevano gli annunci. ‘Scordatelo’, le dissi. Lei mi rispose: ‘Ma non è che lo devi fare per forza, vediamo solo per curiosità in quanti chiamano dopo la tua descrizione... ’ Io continuavo a dire di no, che non lo avrei mai fatto. E mentre si incamminava mi disse ‘mamma mia che bimba che sei, dici tanto che sei forte, poi quando ci sono da fare le cose da grandi sei una bambina’».

Era il 29 giugno del 2012. Entrarono assieme in quell’ufficio. «Lei era seduta di fianco a me, – continua la ragazza –, mi dettava l’annuncio: ‘Cerco ragazzi e ragazze, solo italiani... ’ Non fece neanche in tempo a essere pubblicato sulla carta. Vedendolo su internet mi chiamò il primo cliente. Ero in auto con mia mamma quando telefonò, dopo cena. Lei aveva predisposto un vecchio cellulare solo per quel numero. Lo teneva in tasca. ‘Dai, rispondi... ’ Non potevo fare altro, ero davanti a lei. Lo stronzo dall’altra parte mi chiese come fossi fisicamente. Dissi ‘né magra né grassa’. Poi volle sapere il tariffario. Risposi come mi aveva insegnato mamma: 50, 80, 100. Ormai ero rassegnata, schifata da me stessa. Ma sapevo che se non lo avessi fatto mia madre ce l’avrebbe avuta con me per tutta la vita. ‘Se non lo fai come facciamo a pagare le bollette? Non abbiamo da mangiare, devi pur dare un contributo alla famiglia... ’, mi ripeteva. Arrivammo al Campovolo, all’appuntamento».

Era il primo cliente. Il racconto prosegue. «Mi aveva accompagnato lei, mia madre. ‘Non ho il coraggio, torno a casa’, le dissi. Sentivo che stavo facendo la cosa peggiore del mondo, mi facevo schifo. Lei rispose che ormai non si poteva tornare indietro. ‘Perché non ci vai tu?’ ‘Io sono brutta e vecchia, devi fare la tua parte’. E allora sono salita sulla macchina verde di quell’uomo. Era pelato, sui 50 anni. Ha acceso il motore, ci siamo allontanati un po’. Poi si è fermato sotto un ponte. Non parlavo. ‘Sei bella’, mi disse. Ero bloccata. Non sapevo che cosa dovevo fare. Fece lui. Tentavo di pensare ad altro, di distrarmi. Guardavo fuori dai finestrini. A rapporto finito mi diede 180 euro e chiese ‘sicuro che sei maggiorenne? Non vorrei avere problemi’. Scesi. Mia madre mi aspettava in macchina sorridendo. ‘Allora? Com’è andata? Hanno chiamato altri mentre eri via’. Le diedi i 180 euro. ‘Non ti bastano questi soldi? Se ne vuoi altri fallo tu’. Ma lei sorrideva. ‘Se ti propongo uno che conosco e conosci tu da anni ci vai? Guarda che ti paga bene, anche 400 euro. È da quando hai dodici anni che mi chiede di andare a letto con te, ma non te l’ho mai proposto perché eri troppo giovane’». Era finita.

«Dopo il primo al Campovolo – conclude la ragazzina – ci furono almeno altri 30 eventi legati alla mia prostituzione».