Max Menetti nella storia del basket reggiano. L'intervista

Domenica a Trento sarà la sua 200ª partita in serie A da allenatore biancorosso: nessun altro c’era mai riuscito

Max Menetti durante una partita: è alla Pallacanestro Reggiana da ormai 30 anni

Max Menetti durante una partita: è alla Pallacanestro Reggiana da ormai 30 anni

Reggio Emilia, 28 ottobre 2016 - Certi amori non finiscono. E non è neppure detto che facciano giri immensi. A volte restano lì, tra le nostre mani, senza scolorirsi nè sgretolarsi. Anzi, diventando sempre più forti. Fin quando una mattina ti svegli, capisci che il tempo è passato e ti senti orgoglioso di essere diventato grande, coltivando proprio quell’amore.

Più o meno è quello che sta capitando a Max Menetti. L’allenatore della Grissin Bon, infatti, vive all’interno della Pallacanestro Reggiana da 30 anni e domenica, a Trento, taglierà un traguardo speciale e particolare: sarà il primo allenatore della storia della Pallacanestro Reggiana a sedersi sulla panchina biancorossa per la 200ª volta in una partita di serie A. Il suo maestro, Dadone Lombardi, si era fermato, in serie A, a 175 partite e Menetti ormai lo ha superato non solo nei numeri ma anche nei risultati.

Max Menetti, che effetto le fa essere l’allenatore più longevo ed importante nella storia del club biancorosso?

«E’ una bella sensazione. Sono questi i momenti in cui si prova il piacere di fermarsi un attimo a pensare a tutto ciò che si è fatto».

E lei cosa ricorda di questi 30 anni di vita nella Pallacanestro Reggiana?

«C’è una cosa di cui sono fiero, lo dico con sincerità: ho passato momenti più o meno belli, ma credo di essere lo stesso Max che iniziò la sua carriera. Dal punto di vista personale penso di essere rimasto uguale. Professionalmente, invece, 200 partite in serie A ti fanno crescere tanto sia in esperienza che in personalità».

Quando ha capito che sarebbe diventato un allenatore?

«Ci ho sempre creduto e sperato. A 23 anni lavoravo in un bar per guadagnare qualche soldo e poter allenare le giovanili. E’ qualcosa che dico con grande orgoglio. Credo, però, che l’anno di svolta sia stato il 2006 quando fu esonerato Pasquali e mi chiesero di sostituirlo. Accettai con entusiasmo, ma mi mancava l’esperienza necessaria per gestire quella situazione. Però fu proprio lì che nacque il Menetti allenatore. Ed è vero che le cose andarono male, ma a fine stagione la società mi propose un contratto triennale da vice e io mi resi conto che, comunque, ero sulla strada giusta».

Non ha mai avuto voglia di provare un’esperienza diversa?

«Devo dire - continua Menetti - che mi sono sempre ritenuto un allenatore aziendalista. Avevo, però, il dubbio che questo mio modo di rapportarmi alla società potesse andare bene solo a Reggio. Ora, invece, credo che potrei fare bene anche in altri club».

Ci sta dando una notizia, insomma. E’ pronto per andarsene...

«No, no: sto parlando di un futuro lontanissimo. Questa è la mia squadra e qui sto benissimo. Non vedo assoltamente la fine del ciclo. Anzi, c’è un team che ha una grande voglia di migliorare e crescere».

A parte la Grissin Bon quale squadra vorrebbe allenare?

«Mi piacerebbe provare un’esperienza all’estero. In passato ho detto che sarei voluto andare in Argentina ed ora che il San Lorenzo de Almagro ha costruito una squadra competitiva vincendo la Liga dopo 40 anni, magari - ride Menetti - mi chiamano e ci faccio un pensierino.... In realtà io mi sento molto reggiano e spero di continuare questo percorso. Se dovesse esserci un divorzio, spero il più tardi possibile, mi auguro che arrivi la squadra giusta».

Se le offrissero una formazione di Eurolega...

«Chi non sogna l’Eurolega? Noi, purtroppo, nelle ultime due stagioni l’abbiamo sfiorata e avremmo potuto fare un’esperienza incredibile. Ora, con le nuove regole, è molto difficile che Reggio possa disputarla. Però quando la vedo in Tv per me è come andare al luna park. Stiamo parlando di un altro pianeta e noi non ci siamo andati tanto lontani».

Le coppe europee le mancano, si capisce da come le brillano gli occhi quando parla dell’Eurolega...

«Sì, l’Eurocup mi manca tantissimo, ma è giunto il momento del distacco. Bisogna che tutti noi facciamo uno sforzo mentale per dimenticarla. Non pensiamoci più, insomma».

Parliamo delle sue 200 partite in serie A da allenatore biancorosso. Ce n’è una che ricorda in modo speciale?

«La prima ad Avellino. Perché la prima volta è sempre particolare. E l’ultima contro Venezia perché siamo riusciti a portare 5.200 persone a Bologna creando grande entusiasmo e partecipazione. Credo che, finalmente, si sia compreso che 3.500 posti per il basket a Reggio sono davvero troppo pochi. Abbiamo dimostrato sul campo che c’è tanta gente che vorrebbe venire a vederci cancellando un luogo comune. C’è solo una cosa che un po’ mi dispiace...».

Qual è?

«Che la 100ª partita arrivò a Siena e la 200ª sarà a Trento: spero la 300ª di festeggiarla in via Guasco».