Il sindaco di Brescello: «Io non mi dimetto, difendo il paese»

Marcello Coffrini: «Ma non mi stupirei se arrivasse richiesta di scioglimento per mafia»

Il sindaco di Brescello Marcello Coffrini

Il sindaco di Brescello Marcello Coffrini

Brescello (Reggio Emilia), 14 gennaio 2016 - SINDACO Coffrini, potrebbero chiedere lo scioglimento per mafia di Brescello.

«Io penso che non mi stupirei se ci fosse questa richiesta».

Come mai?

«In cuor mio, in mia coscienza, per gli anni trascorsi e per le persone che ho a fianco, sono convinto che non ci siano elementi di connivenza e connessione con la criminalità organizzata in municipio».

Ma dice che non si stupirebbe se arrivasse la domanda di commissariamento.

«Sì. Non mi stupirei. Sono un avvocato, so che l’obiettivo di un’indagine è dimostrare la tesi dell’accusa. Succede raramente che un pm chieda l’assoluzione. Ma in questa procedura per come la conosco, e la conosco bene anche professionalmente, ci vogliono elementi molto precisi e concordanti. E qui, nel Comune di Brescello, non ci sono indagati, imputati, negli ultimi cento anni».

E ora che succederà?

«Sono pronto a difendermi nelle sedi in cui sarà necessario farlo. Dopo due anni di attacchi almeno potrò farlo anch’io, finalmente. Ho massima fiducia nel lavoro della commissione, del prefetto e del ministro. Se l’esito sarà negativo farò un accesso agli atti e dirò la mia. Andrò al Tar del Lazio e, se necessario, anche al Consiglio di Stato».

Non si dimetterà in caso di richiesta di scioglimento?

«No. Non mi dimetto. Vado fino in fondo, sono coerente, difendo la mia posizione e così difendo anche il mio paese, i dipendenti del Comune. Perché sono convinto che negli anni non ci siano mai stati condizionamenti. Per arrivare a sciogliere una giunta ci devono essere fatti molto gravi e qui non ci sono. Nel mio territorio c’è la presenza della ‘ndrangheta, sì. Ci sono imputati in un processo per mafia. Ma non vuol dire che abbiano interferito con il lavoro del Comune».

Quindi a Brescello la mafia c’è?

«Risiedono in paese ‘ndranghetisti già condannati, altri a processo, vedremo come andrà a finire. Ma ciò non vuol dire che l’amministrazione sia infiltrata. Ci sono anche da altre parti».

Lei sembra sereno.

«Sì. Sono tranquillo. Magari sarò smentito, ma di certo non mi dimetto. Sennò mi sarei dimesso prima. E mi sarei anche tolto un peso. In un Comune può succedere che ci siano cose sbagliate, perché è fatto da persone che, lavorando, possono sbagliare. Ma diverso è dire che ci sia stata una volontà mafiosa. Forse gli altri avranno visto ciò che io non vedo».

Come fa a esserne certo?

«La commissione ha chiesto tutti i documenti e so cosa c’è. Cosa hanno visto... »

Appalti?

«Non ci sono stati appalti qui».

L’accusano di essere un sindaco mafioso. Come si sente, umanamente?

«Io mi sento un sindaco non indagato, senza procedimenti a carico e sono certo che non li avrò, perché non ho mai fatto niente. Sennò sarei un pazzo a non dimettermi».

Dopo ciò che è successo a Quarto, ha sentito qualcuno?

«No».

Il Pd?

«Non sento nessuno, sono assolutamente solo. Ma non lascio. Non sono uno molle di natura, mi piace combattere; nella vita, nel lavoro, nello sport. Sento il peso di questa vicenda a livello personale e familiare, tutti i giorni sono sul giornale... Ma ho accettato di fare il sindaco. E fare il sindaco è una responsabilità».

Perché non molla?

«Non ho mai perso la fiducia dei miei cittadini. È l’unica cosa che mi interessa. Giro per il paese, vado al bar, la gente mi dice di andare avanti. Anziani, giovani, tutti. Anche in municipio, il clima è sempre stato coeso; ma ora un po’ di preoccupazione c’è, ovviamente. Spero che la mia fiducia nelle istituzioni venga ripagata».