«La casa di Vecchi? Un fatto preoccupante per la città»

L’ex assessore Franco Corradini: «Mostra il grado di presenza della ‘ndrangheta»

L’ex assessore comunale Franco Corradini

L’ex assessore comunale Franco Corradini

Reggio Emilia, 25 gennaio 2016 - FRANCO Corradini cosa ne pensa della casa dal sindaco acquistata da un imputato di Aemilia?

«E’ un fatto preoccupante. Mostra il grado di presenza della ‘ndrangheta in città: come a dire che la malavita organizzata è in grado di vendere o acquistare immobili a chiunque. Bisogna reagire, è un brutto colpo non solo per il sindaco e il Pd , ma per la città. Chi ha responsabilità politiche o amministrative dovrebbe essere più “attento” al fine di evitare di esporre la città a pericoli. A Reggio già nel 2012 c’era consapevolezza grazie agli studi molto dettagliati sul rischio ‘ndrangheta»

La questione è che Vecchi non ha detto nulla per un anno, dice di non essersene accorto. Le sembra credibile?

«Difficile da sapere. L’elenco degli indagati in Aemilia comunque è noto e consultabile, dunque ognuno è in grado di valutare e trarre conseguenze. Ora comunque è chiaro: la trasparenza paga sempre e non bisogna aver paura del giudizio dei cittadini anche se in ballo vi sono carriere o interessi familiari. Per me si tratta di un errore, di una superficialità grave».

Cosa dovrebbe fare adesso?

«Premesso che l’errore c’è stato (e per un sindaco questa è un’aggravante), noto che da parte del Pd vi è una forte levata di scudi che rende più difficile ragionare; parimenti la richiesta di dimissioni non fa altro che alimentare le opposte tifoserie. E’ chiaro che occorre rispondere a chi chiede se tutto ciò non implichi condizionamenti dell’amministrazione comunale e su questo non servono proclami, ma azioni. Il messaggio di legalità e trasparenza dovrebbe coinvolgere il mondo economico e delle professioni, non possiamo accontentarci della constatazione che probabilmente in molti a Reggio hanno acquistato casa da imprese discusse o sospette».

Questa vicenda le ha fatto ripensare alla questione delle primarie che l’ha riguardata?

«Più passa il tempo e più vi è la consapevolezza che Mesiano, il poliziotto che telefona per sconsigliare di votarmi (poi arrestato in Aemilia, ndr), non agiva isolatamente. Al netto dell’onestà personale di Vecchi è chiaro che tutto il sistema di potere – dalle cooperative in procinto di fallire a una Cgil in difficoltà, al Pd ridotto al lumicino, al sindaco uscente Delrio e in questo contesto anche il sistema illegale che esiste e si manifesta con la telefonata del poliziotto – fa scelte precise. Bisognerebbe scavare in questo senso, c’è gente personalmente onesta che per insipienza, per opportunismo, convive con un sistema illegale convinta di domarlo. Il problema è che il domatore in questi casi è sempre perdente».

Prima Coffrini, ora Vecchi. Il Pd non è emerso dalle carte di Aemilia, ma la cosca si è insediata qui, con un governo sempre di centro sinistra. Bini chiede al Pd un esame di coscienza.

«Io personalmente non debbo farmi esami di coscienza perché ho sempre lavorato per far emergere i fenomeni mafiosi. La mafia cerca certamente nel potere politico una complicità, altrimenti non avrebbe vita lunga. Il problema è che il fenomeno viene affrontato spesso con lo scoop, con l’iniziativa eclatante. Queste questioni sono ancora aperte e il caso di Vecchi è lì a dircelo, al di là delle buone intenzioni di ognuno di noi».

Sottovalutazioni?

«Ci sono state, ad esempio, sicuramente l’incontro con il prefetto De Miro e alcuni consiglieri comunali al fine di chiedere un mutamento della politica delle interdittive, non fu positivo. Troppo spesso le aziende hanno più badato al massimo profitto, piuttosto che a valutare bene a chi affidavano sub appalti».