Morti per amianto, parte il processo contro la Cemental di Correggio

Fissata per il 5 aprile l’udienza preliminare: imputato Franco Ponti, l’ex titolare, per omicidio colposo e lesioni gravissime VIDEO

Andrea Nanetti mostra una foto della vecchia fabbrica (foto Artioli)

Andrea Nanetti mostra una foto della vecchia fabbrica (foto Artioli)

Correggio (Reggio Emilia), 12 marzo 2016 - È stata fissata per il 5 aprile l’udienza preliminare del processo che vede imputato Franco Ponti, 69 anni, ex titolare della Cemental di Correggio accusato dal pm Isabella Chiesi di omicidio colposo e lesioni gravissime.

Il fascicolo è stato aperto nel 2012, quando l’ex consigliere del Pdl Andrea Nanetti ha presentato un esposto contro il colosso correggese del cemento. Lo ha fatto dopo il decesso del padre Luciano, morto il 23 maggio del 2012 a causa di un mesotelioma pleurico.

«Se ne è andato in cinque mesi. La malattia lo ha colpito dopo 40 anni dal suo impiego: dal ‘67 al ‘71 era occupato come addetto alla miscelazione della fibra di amianto col cemento», ricorda Nanetti con le lacrime agli occhi. Nel processo si costituirà parte civile anche Paolo Montanari, 81 a maggio, che ha lavorato alla Cemental «senza alcuna protezione, impastando amianto con le mani» e ora lotta contro l’asbestosi, dopo aver avuto anche diversi tumori (VIDEO).

La Cemental di Correggio era un’azienda enorme. Fondata nel 1956 dal commendator Sergio Ponti, noto esponente della Dc locale («e all’epoca ogni critica su quelle attività sembrava un attacco politico», spiegava l’ex sindaco Marzio Iotti). Poi, la società è passata nelle mani dei figli Franco e Gianni, fino alla 1989, anno di chiusura.

Lì — a dieci metri dagli ingressi delle case e in mezzo al paese— si lavorava l’amianto. «All’aperto, a mani nude, senza l’uso di mascherine », dicono con un filo di voce i familiari delle vittime. Pieni di dignità e della voglia di avere giustizia. Scavavano, impastavano, lavoravano quel materiale così pericoloso. E anche quello blu, il più nocivo.

Era una realtà industriale importante, arrivata a dare lavoro anche a 600 persone. «Molte di loro sono già morte, a causa di asbestosi o mesotelioma — spiega l’avvocato Ernesto D’Andrea, già difensore delle vittime del caso Eternit di Rubiera, che assiste le parti civili —. Almeno un centinaio quelli che si sono ammalati. E i numeri sono destinati a crescere».

Oggi, su quella stessa area — grazie a una variante urbanistica varata quando sindaco era Maino Marchi —, dopo una bonifica, sono state costruite alcune palazzine. Le Corti, le chiamano. Da quando sono partite le indagini molte persone si sono unite alla lotta, raccontando il proprio dramma. Ed è spuntata anche una fotografia, che senza bisogno di tante didascalie descrive le condizioni in cui si operava, nel cortile della Cemental, all’aria aperta.

Cumuli di fibre d’amianto, a due passi dalle case. Quello scatto, che si pensava ormai perduto, era custodito da una diapositiva datata 1987 ed è stato ritrovato fortunosamente durante un trasloco. È firmato Marzio Iotti (che all’epoca era un giovane esponente dell’associazione ambientalista Amici della Terra). E ora, potrebbe diventare una prova chiave del processo che potrebbe cominciare.

Un altro fascicolo, questa volta per disastro ambientale doloso e strage, che è ancora in fase di indagini preliminari. In quel caso, le parti civili giàò annunciate, sarebbero centinaia.