Cinema, dai film di Torino alle sale reggiane

Torna sul grande schermo Woody Allen con la pellicola di Natale ’Magic in the moonlight’

Magic in the moonlight, Woody Allen

Magic in the moonlight, Woody Allen

Reggio Emilia, 25 novembre 2014 - Mole Antonelliana chiama Basilica di San Prospero. 1, 2, 3 Contatto! Effettuato. Nell’anno di Interstellar la comunicazione non poteva che virare sugli scambi via satellite, scomodando Google Earth e stabilendo la connessione fra il 32. Torino Film Festival, in corso di svolgimento all’ombra della Mole, e la nostra città.

Questa è una puntata della rubrica un po’ speciale, divisa in due filoni: i film visti a Torino e le nuove uscite a Reggio Emilia. Una sorta di regalo di Natale anticipato (speriamo) per i nostri lettori che, impossibilitati ad essere nella città sabauda, si affidano ai nostri consigli di visione. Partiamo da Torino.

Cold in July. Torino dedica una retrospettiva a Jim Mickle, regista giovane che ama e pratica l’horror, che degli anni ’80 salverebbe solo Blue Velvet e che ha tratto l’ispirazione da Peter Jackson. Un padre di famiglia (Michael C. Hall, Dexter) uccide un ladro nel suo salotto. E’ legittima difesa, caso chiuso. Anzi, no. Qualcosa va storto e il ragazzo ucciso forse non è proprio la persona che gli inquirenti stavano cercando. La vita di quest’uomo corretto e sulla retta via – l’unico in questo villaggio del Texas - è costretta a prendere strade impreviste e violente, che lo trasformeranno profondamente. Da un romanzo di Joe R. Lansdale, un noir ambientato nel 1989 zeppo di colpi di scena, di virate comiche e di personaggi indimenticabili, con due vecchie glorie da applauso: Sam Shepard e Don Johnson! Grande successo di pubblico all’ultima Quinzaine des Réalisatuers di Cannes, che qui a Torino sta diventando un cult. Ci è piaciuto molto. E’ un western che non ha paura di mescolarsi a temi di oggi, lo vedrete quando al centro del film l’improbabile terzetto sarà costretto a confrontarsi con il sottobosco del porno, e nel plot tradizionalissimo inserisce uno stile di regia figlio dei bei vecchi tempi, con i modi dei nuovi. 8 e 1/2

Gemma Bovery. E’ stato il film di apertura alla serata di Gala di venerdì 21 novembre, presentata da Emanuela Martini, direttore artistico del festival, che ha introdotto la regista Anne Fontaine. Alla cineasta lussemburghese piacciono gli script letterari, vedi il successo ottenuto con il biopic Coco Chanel, e anche qui storia e titolo rimandano all’antieroina di Flaubert. In un paesino francese, la vita è scandita dai soliti ritmi: il caffè, il mercato, il pane appena sfornato. Il panettiere Joubert è proprio la perfetta incarnazione del villaggio; non più giovane, si è convinto di essere al riparo dagli impulsi della giovinezza. Ma le sue convinzioni sono smentite dall’arrivo in paese del signor Bovery e della sua giovane moglie, l’inglese Gemma, dotata di una sensualità e un’inquietudine in grado di sconvolgere il maturo panettiere. Pur ammirando la bravura nel tessere la trama complicata da continui arrivi e partenze, ordita come una tela preziosa e ricca di gemme come il titolo evoca – compresa la meravigliosa Gemma Arterton – la ciambella, seppure assai profumata, non è venuta col buco.

Gentlemen. Primo film in concorso, comincia bene la competizione, anche se qualcosa non gira del tutto. Il regista Mikael Marcimain racconta di un giovane scrittore Klas Östergren ai ferri corti col mondo, al quale vuole travasare i suoi tormenti. Egli si nasconde nel suo appartamento di Stoccolma per raccontare la storia delle persone che lì hanno soggiornato, condividendo con lui alterne fortune. Prima Henry Morgan, pugile, barista e pianista jazz dai modi ineffabili, amante della bella vita ma con un segreto nascosto, un amore misterioso che lo tormenta. E poi Leo, fratello di Henry, agitatore politico, poeta dal bicchiere facile, il cui arrivo nella casa ha trascinato tutti nei guai, a causa di un traffico d’armi in cui è coinvolta la malavita. L’opera ci piace esteticamente, è un grand gougnol a tinte jazzy in cui trame e sottotrame si mescolano in continuazione, sempre collegate dal fil rouge dei due fratelli coltelli Leo e Henry. Però la sensazione a volte, quando lo stratificarsi di scena su scena ambientata in un solo grande appartamento diventa di claustrofobia, è che Mikael abbia perso il bandolo della matassa. Politica e cinematografica.

The Kings Surrender. Ah, questo lungometraggio di Philipp Leinemann ci è piaciuto. Non sappiamo quanto voluto sia, ma il riferimento al modo di girare scorsesiano si sente molto, e il Polar a tratti detta legge. Forze speciali della Polizei, in un paesino dove imperversa una gang criminale giovanile. Le due fazioni, in realtà 3, ognuna governata da un capo carismatico, verranno presto ai ferri corti, rivelando tensioni interne non più in grado di rimandare lo scontro fisico, e sospese sul filo del rasoio quando si tratterà di cercare il colpevole di un morto e di un ferito. Viaggio nell’inferno sommerso degli Affari Interni, condotto con ritmo maschio e senza stacchi. Cinepresa incollata ai corpi e ai volti stanchi e rabbiosi dei protagonisti.

UN NUOVO CLASSICO

Magic in the Moonlight. Eccola la commedia di Woody Allen per Natale, con divi al servizio di un copione che se ne frega bellamente dei ruoli precedentemente interpretati (è Allen) per manipolarli a proprio uso. Colin Firth è un mago inglese, con un nome d’arte da Houdini, specializzato nello smascherare i ciarlatani del Pianeta. Si presenta una sfida: in Costa Azzurra sarà chiamato a sbugiardare davanti all’alta società del posto una certa Sophie, che sta entrando nel firmamento delle star. Qualcosa si inceppa, perfino per lui, creatura iper razionale fino alla nausea. Nel ruolo della spiritista visionaria, Emma Stone, ex Spider girl.

Ha verve, ha brio, ma soprattutto ha credibilità questa nuova commedia di Woody, proprio nel trattare un tema in-verosimile e incredibile, per definizione.

UN NUOVO STANDARD

Whiplash. La perla dentro l’ostrica del festival. Non grande, ma piccola, e non è questione di capolavoro. Qui il grido al genio non c’entra nulla. Piuttosto il film di Damien Chazelle ha a che fare con l’intelligenza e l’ironia del prendere in giro un certo ambiente, che più esclusivo è difficile immaginare: quello del conservatorio di Manhattan, lo Schaffer, che ha un suo despota – insegnante – padre/padrone, Mr. Terence Fletcher. Andrew Neiman è un adolescente che sogna di diventare il più grande batterista del mondo, sulle orme del suo idolo Buddy Rich. Di strada ne ha tanta davanti, ma tra una crisi e l’altra dovuta alla sua età, l’amore per Nicole e il padre invadente, la motivazione è forte. Però il suo insegnante alias sergente Hartman sarebbe in grado di piegare un mulo. Le giornate sono spinte al massacro fisico e psicologico e chiunque cederebbe. Andrew ce la farà?

Un Flashdance della batteria, caratterizzato dall’elemento principe della trama: il ritmo, spinto fino allo spasimo. Un film dedicato a chi ama la musica e vive per essa, fino a prosciugarsi. E a chi vive coltivando il sogno di diventare il n° 1, senza se e senza ma. Con la faccia irripetibile di J. K. Simmons.

Ecco le uscite nelle sale reggiane dal 25 al 30 novembre!!

Cub - Piccole prede di Jonas Govaerts, con Maurice Luijten, Titus De Voogdt. Sam, dodicenne fantasioso, va in campeggio nel bosco con la sua squadra di scout. Insieme ai lupetti e al leader del gruppo, Sam si ritrova in una foresta oscura, dove vivono un bracconiere psicopatico e il suo piccolo aiutante mascherato.

I Vichinghi di Claudio Fäh, con Tom Hopper, Ryan Kwanten. Una banda di predoni, al comando del giovane leader Asbjörn, salpa per la Bretagna per saccheggiare Lindisfarne del suo oro. Una violenta tempesta però manda in pezzi la loro imbarcazione al largo della Scozia e lascia i vichinghi intrappolati nel territorio nemico.

I pinguini di Madagascar di Eric Darnell, Simon J. Smith. Skipper, Kowalski, Rico e Private, uniscono le loro forze con quelle di una organizzazione animale super segreta chiamata North Wind per combattere la minaccia rappresentata da Dave, una piovra che ha intenzione di eliminarli tutti.

La Sapienza di Eugène Green, con Fabrizio Rongione, Christelle Prot. L’architetto Alexandre, che ha perso ogni motivo d’ispirazione dopo la morte della figlia di otto anni affetta da trisomia, va alla ricerca delle motivazioni che in passato, ammaliato dal barocco di Guarini a Torino e di Borromini a Roma, lo hanno spinto ad intraprendere quella professione. In viaggio con la moglie Alienor, a Stresa, farà un incontro straordinario.

Michael Jackson: Life, Death and Legacy di Maureen Goldthorpe. Per la morte di Michael Jackson, nel 2009, è ritenuto responsabile il medico Conrad Murray, condannato a quattro anni per omicidio colposo. Andando a ritroso da quel tragico momento, si ricostruisce la vita e la carriera del cantante.

Mio papà di Giulio Base, con Giorgio Pasotti. Lorenzo, 35enne eterno ragazzo, è sommozzatore su una piattaforma petrolifera vicino alla costa atlantica. Considerato uno dei migliori, Lorenzo ama la libertà e non ha alcuna intenzione di impegnarsi con nessuna fino a quando una sera conosce Claudia. Claudia è diversa da tutte le altre e già madre di Matteo.

Ogni maledetto Natale di Giacomo Ciarrapico, Mattia Torre, Luca Vendruscolo, con Alessandro Cattelan, Valerio Mastandrea, Corrado Guzzanti. Massimo e Giulia hanno vite molte diverse. Quando si incontrano però scatta il colpo di fulmine. C’è solo un problema: il Natale si avvicina minaccioso.

Perfidia di Bonifacio Angius, con Stefano Deffenu, Mario Oliveri. Angelo cammina immerso nel grigio inverno di un’anonima città di provincia. Senza amore né lavoro, spende le sue vuote giornate in uno squallido bar. Peppino, suo padre, non si è mai interessato a lui e, anziano, è consapevole di non avere più tanto da vivere.