«Cosche in lotta per conquistare quote Enìa»

La partecipata Fata Morgana nelle pagine dell’inchiesta di Gratteri in Calabria

Il pm Nicola Gratteri e Graziano Delrio

Il pm Nicola Gratteri e Graziano Delrio

Reggio Emilia, 1° maggio 2015 - DOVEVA essere un presidio di legalità in una terra ad alto rischio di infiltrazioni: ma la Fata Morgana, società reggina specializzata in raccolta rifiuti partecipata di Enìa (al 25%) e messa in liquidazione in epoca Iren Emilia, è finita nelle pagine dell’inchiesta «Morsa sugli appalti pubblici», coordinata dal procuratore aggiunto della Dda di Reggio Calabria Nicola Gratteri.

Una inchiesta che ha portato nel settembre 2014 allo scardinamento del clan Commisso di Siderno, in provincia di Reggio Calabria. E ora il Movimento Cinque Stelle reggiano con la consigliera comunale Paola Soragni ha presentato una interpellanza in consiglio comunale in cui chiede chiarezza all’amministrazione sull’avvenuto e di prendere posizione.

Ma perché la ‘nostra’ partecipata, nata nel 2000 e poi transitata in Iren nel 2011 in coincidenza con lo scioglimento (procedura avviata il 10 gennaio 2011), è citata in un lungo capitolo dell’ordinanza di custodia cautelare - con varie misure per 29 persone - emessa dal gip del Tribunale di Reggio Calabria, OlgaTarzia? I magistrati finiscono con l’occuparsi della Fata Morgana nell’ambito di una inchiesta sul potere economico criminale del clan Commisso di Siderno, comune del reggino sul versante jonico a ridosso della Locride.

Nel corso delle indagini spunta Salvatore Aiello, il responsabile tecnico della Fata Morgana (tra il 2007 e il 2010, quando il socio reggiano era Enìa): viene intercettato al telefono con quello che per gli inquirenti è il boss di Siderno Giuseppe Commisso, detto «il Mastro», per chiedergli favori e regolare conflitti sorti con altre aziende. Un personaggio interessante Salvatore Aiello: già noto alle forze dell’ordine per una denuncia del ‘97 per reati contro la pubblica amministrazione, sfuggito ad un tentativo di omicidio del 2005 a colpi d’arma da fuoco, nel 2008 è in Fata Morgana (diventerà responsabile tecnico anche di Piana Ambiente) e rende dichiarazioni alla polizia giudiziaria della Squadra Mobile di Reggio Calabria.

In quelle dichiarazioni svelò un retroscena inquietante, ovvero il tentativo di scalata di Fata Morgana da parte della società Leonia (un’altra azienda, allora partecipata pubblica, specializzata nella raccolta rifiuti). Fatti ancora tutti da chiarire, anche se l’obiettivo della Leonia, stando a quanto raccontato da Aiello, sarebbe stato mettere le mani su un affare da 200 milioni di euro. «Un progetto che tuttavia – si legge nell’ordinanza - fu duramente osteggiato da ignoti con una serie di pericolosi attentati e da numerosi altri atti intimidatori». Perché questo tentativo di scalata? Acquisendo, in sostanza, le quote di Enia, e quindi Fata Morgana, Leonia «avrebbe avuto la possibilità di arrivare anche ad acquisire le quote di Enia in Piana Ambiente».

TUTTO questo, scrive il Gip, in vista di una «partecipazione predominante alla gara d’ambito che sta per essere bandita dalla Provincia di Reggio Calabria», valutata circa 200 milioni di euro.

In sintesi, sarebbe divenuta la principale società del settore e per questo «l’unica interlocutrice con eventuali soggetti interessati al comparto in argomento». Qualche eco dei problemi di Fata Morgana in terra calabrese raggiunse Reggio? A prescindere da questi eventi, risalgono proprio agli anni tra il 2006 e il 2008 i tentativi del presidente di Enìa Ivan Strozzi di liberarsi delle partecipazioni in Calabria, ritenute non più strategiche.