Reggio Emilia, aggredita con l'acido dal marito. "Mi diceva, 'se mi lasci ti sfiguro'"

La storia della donna aggredita dal marito in tribunale: lui la picchiava e lei aveva chiesto aiuto alla ‘Casa delle donne'

L’uomo che ha aggredito con l’acido la moglie in tribunale mentre viene trasferito dai carabinieri

L’uomo che ha aggredito con l’acido la moglie in tribunale mentre viene trasferito dai carabinieri

Reggio Emilia, 27 giugno 2017 - Viveva nella paura Karima (la chiameremo così), la donna che lunedì mattina è stata aggredita con l’acido dal marito davanti al bar del tribunale, dentro il palazzo di giustizia. Voleva lasciarlo, fuggire da quelle continue angherie: botte, cinghiate, senza motivo. Scappare da lui – Abdelaziz Motassim, marocchino 39enne già colpito da un decreto di espulsione, mai eseguito, nel 2015 – quel marito che aveva sposato in Italia con rito civile, ora divenuto clandestino. E violento. Così aveva trovato il coraggio, si era rivolta all’associazione Non da Sola, che le aveva dato ospitalità e protezione alla Casa delle donne. Il 19 giugno il primo accesso.

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«Lui mi ha detto che se lo lascio mi sfigura con l’acido», ripeteva più volte. Era terrorizzata che lo facesse davvero. E così, purtroppo è avvenuto. Ma nei giorni scorsi quell’uomo – stando alle testimonianze raccolte – sembrava diverso. L’aveva convinta a ritornare a casa con lui, lei pensava che quell’incubo fosse finito. Invece no, una volta rientrata tra quelle quattro mura erano ripresi i maltrattamenti, le offese, i pestaggi. E lei, di nuovo, aveva preso le sue cose e si era allontanata dall’abitazione in cui convivevano, di nuovo verso la Casa delle donne.

Da lì, lunedì mattina, aveva trovato il coraggio di andare in tribunale e chiedere informazioni per le pratiche di divorzio. Ma sempre lì, lunedì mattina, le sarebbe arrivata la telefonata del coniuge. ‘Dove sei, ti raggiungo, devo chiederti scusa’, le avrebbe detto. E Karima, che forse in tribunale si sentiva più protetta, ancora una volta si è fatta convincere.

Gli ha dato appuntamento al bar del tribunale. Si è seduta a un tavolino e ha aspettato. Non hanno fatto in tempo a ordinare la colazione al bancone – «Brioche e cappuccino senza schiuma», parlava lei anche per lui a causa dei problemi con l’italiano –, che una volta fuori si è scatenato l’orrore. «La teneva per la testa e le gettava l’acido in faccia», raccontano i testimoni.

Voleva lasciarlo lei, lasciare quella vita di stenti (lui ufficialmente senza fissa dimora, l’Enel aveva staccato persino la luce nella loro abitazione). Rifarsi un’esistenza. Anche se non aveva mai trovato la forza per denunciarlo: lui lo sarebbe venuto a sapere e l’avrebbe massacrata, peggio delle altre volte.

La 30enne marocchina ieri è stata dimessa dall’ospedale: non avrebbe subito lesioni permanenti alla vista. E anche le ustioni, su tutto il viso, di primo grado, sono state giudicate guaribili in 22 giorni. Il fatto che fosse velata, molto coperta, e indossasse gli occhiali probabilmente l’ha salvata da conseguenze molto più gravi. Ora si trova di nuovo nella struttura del centro anti-violenza, sotto protezione.