Reggio Emilia, la richiesta di soldi dietro la spedizione punitiva al camionista

Arrestati tre calabresi per l'aggressione violenta a un autotrasportatore

Il dirigente di polizia, Guglielmo Battisti

Il dirigente di polizia, Guglielmo Battisti

Reggio Emilia, 19 gennaio 2018 – Era stata un'aggressione particolarmente violenta, ma ricondotta inizialmente solo ad una banale rapina. Invece, il pestaggio di un autotrasportatore (VIDEO), avvenuto a giugno dell'anno scorso a Reggio, ha ora assunto ben diversi connotati. Secondo la polizia – come ha spiegato ai cronisti il dirigente Guglielmo Battisti – i tre uomini che si recarono a casa del camionista, reggiano d'adozione, per massacrarlo di botte, mettendo in atto una vera e propria "spedizione punitiva" per insegnargli "a stare al suo posto".

Difficile poi non vedere sullo sfondo, un possibile coinvolgimento della 'ndrangheta nell'episodio, considerato soprattutto il “profilo” dei responsabili della violenza, arrestati la scorsa notte dagli uomini della Questura in esecuzione di tre ordinanze di custodia cautelare emesse dal pm Giacomo Forte. Si tratta infatti di tre uomini originari di Cutro due dei quali, padre e figlio, portano il cognome di una famiglia coinvolta nella guerra di mafia della fine degli anni 90 tra il clan del vecchio boss Antonio Dragone e quello di Nicolino Grande Aracri, suo luogotenente, che nel 2004 lo uccise e lo soppiantò al comando. In carcere a Reggio è finito Giuseppe Arabia, di 52 anni, mentre per il figlio 25 enne, Salvatore Arabia, incensurato, sono stati disposti gli arresti domiciliari. Dietro le sbarre anche il presunto terzo autore dell'aggressione all'autotrasportatore, Salvatore Spagnolo, 27 anni, che secondo quanto ricostruito dai poliziotti sarebbe stato anche l'autista del raid punitivo.

La polizia ha appurato che la vittima, dipendente di una società, voleva lasciare quell’impiego per cambiare lavoro e rivendicava alcune pendenze contrattuali di fine rapporto. A dirimere il contenzioso si presentarono però non il suo formale datore di lavoro, ma i tre calabresi che risolsero la questione a modo loro. Dopo le botte al camionista, che riportò lesioni multiple alle vertebre cerebrali e un trauma toracico giudicati guaribili in 90 giorni, i tre rubarono alla vittima portafoglio e telefono cellulare.

L'aggredito non ha mai sporto denuncia ed è stato ascoltato solo come persona informata dei fatti. Determinante per individuare gli aggressori è stata invece la testimonianza della fidanzata della vittima. I tre calabresi sono stati arrestati con l'accusa di lesioni gravi, ma sono indagati anche per violenza privata (reato che nel parere del Gip ha sostituito la rapina) e minacce. Circa un mese dopo i fatti, i calabresi continuavano a perseguitare il camionista con costanti minacce. Sulla vicenda indaga la Procura ordinaria di Reggio, mentre non pare che gli atti saranno trasmessi a quella antimafia.