Marco Ligabue: "Il silenzio è dolo, canto per combattere la mafia"

La campagna dell’artista di Correggio nelle scuole d’Italia

Da destra: Ismaele La Vardera, Benedetto Zoccola, Marco Ligabue e il rapper Lucariello

Da destra: Ismaele La Vardera, Benedetto Zoccola, Marco Ligabue e il rapper Lucariello

Reggio Emilia, 8 novembre 2016 - Sono previste trenta tappe in scuole di tutta Italia, con il coinvolgimento di circa ventimila studenti. È la campagna de #ilsilenzioèdolo, presentata alla Camera dei Deputati. Tra i protagonisti c’è Marco Ligabue, cantautore di Correggio, fratello di Luciano.

Marco, di cosa tratta questo progetto?

«L’obiettivo è quello di sensibilizzare ed educare i giovani alla lotta alla mafia. Il progetto nasce dall’iniziativa che mi vede protagonista insieme a Ismaele La Vardera, giovane giornalista di 23 anni, formatosi nella tv di Pino Maniaci, Telejato, e oggi Iena dell’omonimo programma di Italia Uno».

Si parte dalla tua canzone, il Silenzio è dolo…

«Canzoni, musica, ma anche un libro. Perché fanno parte di un linguaggio universale che permettono di diffondere il più possibile il messaggio, soprattutto ai giovani. Ma ci sono anche le storie... »

Cioè?

«Portare avanti la lotta alla mafia significa portare avanti storie di coraggio come quella di Benedetto Zoccola, commerciante di Mondragone, in provincia di Caserta, che ha rifiutato di pagare il pizzo alla camorra e ha anche denunciato tutto alle autorità competenti. Vicesindaco del suo paese, Zoccola è stato vittima di una serie incredibile di attentati, di vessazioni».

C’era anche lui alla presentazione?

«Sì, visibilmente commosso. Ha raccontato come riesce a condurre una vita abbastanza normale. Ha detto di aver pianto quando ha saputo della mia canzone e del libro di Ismaele. Si è sentito meno solo».

La canzone parla di lui...

«Il brano è ‘Un attimo fa’, è stato scritto dopo aver sentito la storia di Benedetto, che sta cercando di recuperare la normalità. Con questa canzone ho voluto scrivere com’era la vita prima di prendere una scelta, prima di non piegarsi a certe prepotenze. La canzone vuole essere un inno alla speranza. Persone come Benedetto ce ne sono, che non vogliono piegarsi, che portano avanti il proprio senso civico e di giustizia. È una canzone di cui vado orgoglioso: è facile parlare di sole, cuore e amore, ma è anche bello raccontare di storie cosi».

Il tour nelle scuole è iniziato. Come sta andando?

«Lo scorso fine settimana abbiamo fatto incontri in Puglia. Oggi (ieri per chi legge, ndr) siamo alla Federico II di Napoli. Sta andando bene, si parla di storie vere. E i giovani dimostrano attenzione e interesse. Il tour proseguirà in tutta Italia, perché la criminalità organizzata non è solo nel Sud. Lo dimostra l’inchiesta Aemilia, che tocca anche la mia terra. Sembravamo distanti da certe dinamiche, che invece avevamo in casa. Ci sono tappe anche a Rovigo, Bologna… E mi auguro di portare un incontro anche nella mia Correggio».