Regione, chiesto processo anche per il sex-toy

Procura contro la Moriconi. Ma finirà indagato anche l’ex collaboratore che lo comprò

Rita Moriconi

Rita Moriconi

Reggio Emilia, 5 maggio 2015 - A nulla è valso l’interrogatorio davanti alle due sostitute della procura di Bologna, cui Rita Moriconi aveva ottenuto di sottoporsi in febbraio dopo la chiusura delle indagini sul caso «spese pazze in Regione». L’ex consigliera regionale del Pd (quota Psi nella giunta Errani), nonostante avesse prodotto i documenti con le spese sostenute nell’attività di consigliera - «sempre nell’ambito del suo mandato» dice il difensore, l’avvocato Nicola Gualdi - figura nell’elenco dei sedici ex consiglieri per i quali la procura ha appena chiesto il rinvio a giudizio per peculato. Niente richiesta di archiviazione, come la Moriconi sperava dopo l’interrogatorio: toccherà al gip decidere se rinviare lei e gli ex colleghi di viale Aldo Moro a processo o prosciogliere e chi.

La somma totale contestata alla Moriconi ammonta a 17.521 euro, stessa cifra che i sostituti procuratori Morena Plazzi e Antonella Scandellari e il procuratore aggiunto Valter Giovannini avevano valutato nell’avviso di chiusura indagini in novembre. Dunque: nella lista figura pure il famoso sex-toy da 83,50 euro, messo a rimborso due volte. Di cui la Moriconi aveva dichiarato, choccata, di non saper nulla: il suo collaboratore Rosario Genovese («Dopo tre giorni, non subito...» ha fatto nuovamente notare ieri l’ex consigliera regionale reggiana) ammise di essere stato lui l’acquirente in un sexy shop per fare uno scherzoso regalo di compleanno a un amico all’insaputa della consigliera. Tra i rimborsi attribuiti alla Moriconi emerse anche lo scontrino, prova del pagamento del sex- toy con relativo Pos. Genovese «rivendicò» la spesa avvenuta a fine novembre 2010: aveva pagato col suo bancomat poi, disse, «Ho commesso il grave, gravissimo errore, in quel frangente, di non accorgermi che, incautamente e non volutamente, lo scontrino incriminato era rimasto tra quelli presentati. La Moriconi era all’oscuro di tutto». Ora da Bologna si apprende che un ulteriore filone di inchiesta dovrebbe vedere presto tirare in ballo l’ex collaboratore con l’accusa di concorso nel reato.

Rita Moriconi, tornata al lavoro al Ccpl dopo la fine della consigliatura in Regione, si è subito ritrovata in mobilità. «E’ stato un anno e mezzo orribile», ha detto, pensando anche a tutte le offese subite sui social network. L’ex consigliera ripete che solo un terzo di quei 17.500 euro in venti mesi sono le spese sostenute per la sua attività politica da consigliere regionale: «trasporti, treni, telefono con ricariche autorizzate, due trasferte, due volte o forse una in alberghi a tre stelle, pranzi ma mai cene, un agendina per Natale destinata alle istituzioni facendo lavorare una cooperativa di disabili». E gli altri due terzi? «Sono stata considerata centro di costo» ritiene la Moriconi. «Il grosso - aggiunge il difensore - è di persone che hanno collaborato col gruppo Pd e contabilizzato sulla lista Moriconi, spese che la mia assistita non ha mai visto ma attribuite a suo nome». Entra nella lista il sex toy, «ma anche altri oltre a Genovese hanno presentato direttamente al gruppo le richieste di rimborso - dice l’avvocato - A noi non risulta nessuna firma di Moriconi su quelle richieste che i collaboratori hanno fatto personalmente».