’Ndrangheta, commissione antimafia. Bindi: "Dall'inchiesta Aemilia risvolti inquietanti"

Giovanardi: “Ho letto l’ordinanza, mi era noto solo un nome, ma ho visto che i politici di Reggio li conoscevano benissimo”. Il procuratore capo di Bologna Alfonso: "Io mi occupo delle indagini, non faccio politica" FOTO - VIDEO

Commissione parlamentare antimafia a Reggio (Artioli)

Commissione parlamentare antimafia a Reggio (Artioli)

Reggio Emilia, 16 febbraio 2015 - Carlo Giovanardi è arrivato questa mattina alle 9.45 per prendere parte alla Commissione parlamentare antimafia, in ‘trasferta' (VIDEO) a Reggio Emilia dopo l’operazione Aemilia che ha portato all’arresto di 117 persone. “Dopo aver letto le 1300 pagine dell’ordinanza - ha detto Giovanardi - ho visto che i nomi ne conoscevo uno solo, quello di Iaquinta. Tutti i nomi calabresi, ‘ndranghetisti Giovanardi non li conosce. Ho visto che politici a cominciare da Delrio assessori, i consiglieri provinciali e comunali di Reggio Emilia li conoscevano benissimo”. E sull’interdittiva all’azienda Bianchini di Modena, sequestrata nel blitz: “Si verificheranno le responsabilità, ma sulle interdittive occorre prestare attenzione perché rischiano di ‘far saltare’ le imprese”.

È arrivato alle 10.40 (FOTO) il procuratore capo di Bologna Roberto Alfonso che parlerà in mattinata, alla Commissione parlamentare antimafia, dopo il discorso del prefetto di Reggio Emilia Raffaele Ruberto. Sulla situazione emiliana e su possibili ritardi nel contrasto alla criminalità organizzata ho sottolineato: "Io sono arrivato nel 2009 e nel 2010 ho cominciato l'indagine che ha portato a questo". E sulle eventuali sottovalutazioni della politica ha affermato netto: "Io mi occupo delle indagini, non faccio politica".

«Le relazioni in questa commissione ci hanno confermato quello di cui aveva già contezza, ovvero della presenza della 'Ndrangheta al Nord. Dobbiamo però riconoscere che l'inchiesta Aemilia ha portato alla luce aspetti ancora più inquientanti». Rosi Bindi, presidente della Commissione parlamentare antimafia, ha riassunto questo pomeriggio quanto emerso dalle relazioni che si sono tenute in mattinata. A parlare, il prefetto di Reggio Emilia, le forze dell'ordine, il procuratore capo di Bologna Roberto Alfonso con il sostituto procuratore Marco Mescolini. «L'operazione non è ancora finita, ci hanno spiegato i procuratori - ha continuato Bindi - ma è tuttora in corso e non è esclusa una seconda parte».

Parlando delle misure interdittive per le aziende a rischio di infiltrazione nella ricostruzione post terremoto, ha aggiunto che «le white list sono uno strumento utile, sebbene le indagini abbiano dimostrato che è stato aggirato - ha spiegato Rosi Bindi - Stiamo lavorando per una modifica della legislazione, perché le interdittive antimafia sono uno strumento statico, mentre la lotta alla mafia ha bisogno di film, a volte anche di una sceneggiatura vera e propria». La Bindi ha poi ribadito che «le interdittive non bloccano l'economia, come è stato spesso detto, è la mafia che la blocca». Tuttavia, l'obiettivo dei nuovi provvedimenti sarebbe quello di introdurre una nuova metodologia: affiancare le aziende a rischio infiltrazione prima di togliere loro gli appalti, in modo da portare avanti le opere e preservare i lavoratori. «La mafia al nord punta sugli appalti, non tanto quelli pubblici, come al sud dove rappresentano una delle poche fonti di reddito, ma sull'economia privata - ha spiegato ancora Bindi - Occorre permettere alle forze dell'ordine di fare più controlli sui cantieri privati e questo non per interferire nel libero mercato, ma per evitare le infiltrazioni».