Commissione antimafia, Scalzulli: "Politici interessati al ‘sistema catasto"

Rivelazioni choc dell’ex dirigente in parlamento: "Informai Marchi di tutto, lui mi evitò". Mi disse: "Scarpino vale 700 voti"

Potito Scalzulli al processo Aemilia

Potito Scalzulli al processo Aemilia

Reggio Emilia, 21 settembre 2017 - Eccolo il «sistema catasto». Un mondo di mezzo a tinte fosche, fatto di «voti da proteggere, minacce, malaffare, connivenze, intimidazioni, collusione, omertà e disordini amministrativi penalmente rilevanti», quello dipinto da Potito Scalzulli, assessore civico del Comune di Galeata (in provincia di Forlì) ed ex direttore dell’ufficio di viale Regina Elena di Reggio (dal 2009 al 2012). Oltre un’ora di audizione, più una relazione di 39 pagine e 45 allegati depositati ieri davanti alla Commissione parlamentare antimafia, presieduta da Rosy Bindi (ieri assente), su richiesta del Movimento 5 Stelle.

Accuse pesantissime – sul presunto dimezzamento delle rendite catastali su «centinaia di capannoni», 22 in particolare, tale da abbattere drasticamente le imposte – che l’ex dirigente aveva avanzato pubblicamente per la prima volta in una intervista al Carlino Reggio, il 1° maggio 2016. Scalzulli in aula riprende le ricostruzioni che nel 2002 avevano portato all’iscrizione sul registro degli indagati sei funzionari del Catasto reggiano (compreso il consigliere comunale cutrese Salvatore Scarpino).

Inchiesta però «dimenticata» per dodici anni negli armadi della procura di Reggio per poi finire nel 2014 archiviata, con la maggior parte dei reati ipotizzati (corruzione, truffa ai danni dello Stato, abuso d’ufficio, falsità materiale e ideologica, soppressione, distruzione e occultamento di atti veri), prescritti.

Ora l’assessore romagnolo rilancia tutto, nero su bianco. Denunce che ha già presentato anche alla Direzione distrettuale antimafia di Bologna. Allega mail, note, articoli di giornale. E aggiunge nomi e cognomi di chi, secondo lui, con quel malaffare è venuto in contatto dal suo scranno privilegiato di amministratore pubblico o dirigente degli uffici territoriali regionali o nazionali. Un corposo documento – con invettive ancora tutte da dimostrare – che ora la Commissione antimafia potrà inviare, a sua volta, alle procure di competenza per svolgere accertamenti. Eccone alcuni stralci. Ricordiamo che si tratta di una ricostruzione di parte, sulla quale andranno aperte eventuali indagini da parte degli organi competenti.

Il «sistema catasto». «Confermo e ribadisco l’esistenza di un grande interesse di convenienza politica da parte di politici di rilevanza nazionale e locale verso i vantaggi ritraibili dalla tenuta del ‘Sistema Catasto’ ritenuto determinante per fare la differenza sugli equilibri politici elettorali a Reggio Emilia», si legge nella sua relazione. «Appena preso servizio a Reggio Emilia mi sono accorto di trovarmi immerso in un ambiente di lavoro del tutto particolare, più simile ad un ufficio del sud che non del nord, notando l’assenza di ogni unitarietà di intenti comuni tra il personale assegnatomi che era ripartito per correnti caratterizzate più da affinità e provenienza geografiche – soprattutto notai l’alta percentuale di presenza tra il personale dipendente di calabresi originari di Cutro trapiantati da qualche tempo al nord – piuttosto che per analogia di mansioni. Ho intuito da subito che quelle correnti erano solite svolgere per prassi consolidata le svariate attività e pratiche d’ufficio in totale autonomia... senza che venissero eseguiti particolari controlli se non di facciata, accorgendomi, nel dare corso alle mie iniziative di cambiamento sul piano organizzativo ed operativo dell’Ufficio, di aver recato disturbo ad un gruppo organizzato di dipendenti pubblici fautori e gestori del cosiddetto ‘Sistema Catasto’».

Una situazione anomala, dice, che lo ha costretto a rivolgersi alla magistratura. «Ho dovuto presentare gli esposti a titolo di difesa personale per evitare serissimi guai alla mia persona quando ho realizzato e preso coscienza, il tutto sorretto da testimonianze dirette e prove documentali in mano, che il gruppo organizzato di pubblici dipendenti di origine calabrese svolgeva azioni delittuose sotto protezione e in connivenza e complicità con i vertici dirigenziali romani e bolognesi dell’Agenzia del Territorio».

SALVATORE SCARPINO. Larga parte della sua relazione riguarda il ruolo del calabrese Salvatore Scarpino – ex dirigente del Catasto reggiano (ora alla Direzione Regionale di Bologna) e per il terzo mandato consecutivo – con deroga ad hoc e ad personam dei Dem nazionali – eletto consigliere comunale Pd. Ora, assieme ad altri, passato nelle file di Mdp.

«Scarpino continuava ad avere il controllo dell’Ufficio di Reggio Emilia attraverso i numerosi funzionari e tecnici dipendenti pubblici cutresi che a lui si riferivano per ogni necessità», dice Scalzulli. Cita la mail spedita giovedì 10 dicembre 2015 al pm antimafia di Bologna Marco Mescolini, in cui ricorda l’incontro che Scarpino gli procurò con l’allora sindaco Graziano Delrio. «Posso assicurare che Salvatore Scarpino, per quanto in servizio da tempo alla Direzione Regionale di Bologna, esercitava il controllo dell’Ufficio di Reggio Emilia e a lui si riferivano i numerosi funzionari e tecnici dipendenti pubblici di origine calabrese. Del che me ne resi conto già nei primi mesi del mio arrivo a Reggio allorché Scarpino mi disse che ci teneva personalmente a potermi presentare al sindaco Graziano Delrio. L’incontro (a tre) avvenne nella sede municipale un pomeriggio di metà maggio 2009, alla vigilia delle elezioni amministrative Scarpino mi presentò a Delrio come un collega dirigente di cui ci si poteva fidare», precisando «che la collaborazione esistente tra i due Enti Pubblici (Catasto e Comune) sarebbe proseguita secondo la tradizione consolidata».

Maino Marchi. Intorno al 2011 arriva da parte del prefetto Antonella De Miro l’atto di nomina di Potito Scalzulli a membro della Commissione prefettizia per l’erogazione di Fondi a vittime usura ed estorsione della criminalità organizzata. Il funzionario – stando alle sue ricostruzioni – decide così di chiedere all’onorevole Maino Marchi una collaborazione fattiva, nella sua veste di parlamentare Pd e membro della Commissione antimafia. Di tutti gli esposti e querele inviati alle due procure (Reggio e Dda a Bologna) sul ‘sistema catasto’ «tenevo costantemente informato l’onorevole Marchi», dice.

Allega tutte le mail, del 2012. Ed è del 5 marzo dello stesso anno l’incontro con il deputato Pd (ex sindaco di Correggio) nella sede del Catasto, in cui Scalzulli sostiene di avergli chiesto «sostegno» per la questione Catasto da lui sollevata. «Gli feci espressamente presente che tra gli indagati figurava Salvatore Scarpino, il consigliere comunale di maggioranza di area Pd, nonché dirigente dell’Agenzia delle Entrate. Al sentire il solo nome di Salvatore Scarpino, l’onorevole Marchi manifestò una certa agitazione e, a proposito del sostegno da me chiesto a lui, mi rispose senza mezzi termini e in maniera disarmante che lui non poteva assicurarmi alcun sostegno al riguardo perché sarebbero venuti meno i voti calabresi che facevano capo a Salvatore Scarpino (Marchi mi parlò testualmente di 700 voti sicuri!), aggiungendo che si sarebbe creato un serio problema per il Pd in quanto quel consenso, interamente incanalato a favore del Pd, e ritraibile per ovvi motivi dalla tenuta del ‘Sistema Catasto’ che quindi non doveva assolutamente crollare, era ritenuto determinante per assicurare e garantire il risultato finale delle votazioni elettorali a Reggio Emilia», si legge nelle carte.

Dopo quell’incontro Scalzulli dice di aver contattato Marchi, informandolo della deposizione delle sue denunce sul ‘sistema’ alla procura antimafia. «Da allora non sono riuscito più a mettermi in contatto in alcun modo con l’onorevole Marchi che credo comunque a quel punto evitasse accuratamente di incontrarmi e/o di sentirmi», conclude.