Punto nascite chiuso a Castelnovo Monti: "Ora una marcia fino a Reggio"

I comitati non si piegano alla scelta del ministero. L’ira delle opposizioni: "Cittadini ingannati"

L’Ospedale Sant’Anna di Castelnovo Monti

L’Ospedale Sant’Anna di Castelnovo Monti

Reggio Emilia, 6 ottobre 2017 - Delusione, amarezza, rabbia, sdegno. Dopo la notizia del «no» del Ministero che nega ogni futuro al punto nascite di Castelnovo Monti (‘salvo’, invece, quello del Magati di Scandiano), sono i sentimenti che imperversano negli animi dei cittadini dell’Appennino e dei comitati che hanno abbracciato la causa del punto nascite del Sant’Anna.

«Da oggi la nostra montagna è molto più povera – sottolinea Gianni Grisanti (Insieme per il Sant’Anna) –, ci si potrà solo morire e non più nascere, è gravissimo. Questa decisione stride con il progetto delle aree interne. Dopo la fiaccolate e l’abbraccio ideale dell’ospedale, quest’estate, con la partecipazione di oltre 2000 persone, ora stiamo pensando di organizzare una marcia da Castelnovo a Reggio. Non possiamo arrenderci».

«Siamo amareggiati e sconcertati – aggiunge Mariola Piazzi (Insieme per il Sant’Anna e Progetto Nautilus) –, non si capisce la logica di concedere la deroga a un ospedale vicino alla città e non a un presidio fondamentale per un territorio vasto come la montagna. Viene sminuito l’impegno dei cittadini che, negli anni, hanno donato attrezzature moderne e sicure non previste nel bilancio dell’azienda».

Anche il comitato «Salviamo Le Cicogne» è deciso a proseguire la battaglia. «Non sappiamo ancora bene cosa faremo, ma non molliamo la presa – ribadisce Nadia Vassallo (Cicogne) –. Ci dispiace constatare che la politica non sia riuscita a capire le vere esigenze del territorio, penalizzandolo. Non siamo state così visionarie quando, a febbraio, abbiamo denunciato che la decisione era già stata presa. Può darsi che la domanda di deroga sia stata pronunciata con poca convinzione. Nel documento redatto dai tecnici le soluzioni c’erano».

Amarezza nelle parole del sindaco Enrico Bini, portavoce dei sindaci dell’Unione Montana: «Critichiamo questa decisione. Ci aspettavamo fosse tenuto in considerazione il lavoro svolto nei mesi scorsi. Ora è necessario un confronto tra la Regione e la cittadinanza. Stiamo valutando con gli altri territori appenninici il da farsi. Per ora prevale l’amarezza».

Guido Tirelli, coordinatore Pd Zona Montana, chiede che vengano discusse «pubblicamente tutte le motivazioni». Immediata anche la reazione dei consiglieri regionali. «Il ministero ha smascherato una volta per tutte l’ipocrisia Pd – sottolinea Gian Luca Sassi (M5S) –. Complimenti a tutti gli attori che si sono prodigati per ingannare i cittadini della montagna».

«La Regione ignori il folle parere di Roma e continui sulla sua strada per mantenere aperto il punto nascita di Castelnovo», è l’appello di Gabriele Delmonte (Lega).

Decisione inaccettabile anche per Yuri Torri (SI), secondo cui «il Governo si assume la grave responsabilità di privare tutto l’Appennino di un servizio il cui valore va oltre l’aspetto sanitario. Il servizio sanitario non può essere gestito con logiche aziendaliste». Incalza Silvia Prodi (Art.1-Mdp): «Una scelta profondamente sbagliata rispetto alla lettura di un territorio che andrebbe presidiato in tutti i suoi servizi». Solidarietà anche da parte del sindacato Sgb.