Reggio Emilia, botte alla moglie davanti ai figli

La urla udite fino in strada. I bambini urlano: «Papà, smettila» I vicini indifferenti abbassano le tapparelle

Proprio ieri in piazza del Monte si è svolto il flash mob promosso dall’associazione «Nondasola»

Proprio ieri in piazza del Monte si è svolto il flash mob promosso dall’associazione «Nondasola»

Reggio Emilia, 26 novembre 2016 – Oggetti lanciati, mobili sbattuti, percosse e richieste di aiuto. Si udiva tutto questo dalla strada, nella zona di via Emilia all’Angelo, ieri verso le 13.30: il rumore di una violenta lite in famiglia. Vessazioni e abusi che spesso, molto spesso, restono ovattati tra le mura domestiche, camuffati nella quotidianità di chi subisce e non riesce a denunciare.

È successo anche ieri, nella nostra città, in concomitanza con la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Le urla di una donna e di due bambini piccoli: contro di lei l’uomo stava inveendo, mentre si scatenava dentro l’appartamento scagliando oggetti.

«Dalla strada – racconta un testimone – si udiva tutto: dentro c’era il parapiglia. Si sentivano le grida disperate della signora e dei due figli». Dalla strada si assiste a una scena straziante: «Dalle finestre spalancate si vedevano sporgere le manine. I bambini erano piccoli da non arrivare ad affacciarsi. Supplicavano: ‘Ti prego, papà: basta, smettila».

E poi un’altra scena, invece, che suscita rabbia: «Anziché intervenire, i vicini di casa hanno abbassato le tapparelle». Il testimone racconta di aver urlato, in strada, «perché quel bastardo la smettesse, purtroppo senza successo». Poi è stato chiamato il 113: la polizia di Stato è accorsa con due volanti. «Gli agenti hanno sfondato un cancello – racconta il testimone – sono entrati nell’abitazione e hanno riportato la calma».

Non finisce qua. Appena poche ore prima, a Casalgrande, nella serata di giovedì, i carabinieri sono intervenuti in un’abitazione: una donna di 48 anni ha chiamato il 112 perché il compagno le impediva di entrare in casa e la minacciava. Anche qui, tra le pareti di casa, sono volati oggetti: i segni dei danni, del disordine, dell’esplosione della rabbia violenta erano evidenti. Dopo l’arrivo dell’Arma, la donna ha deciso di trascorrere la notte a casa di amici, per ritrovare un po’ di tranquillità e, probabilmente, anche per paura della reazione del compagno.

Su questo caso si faranno probabilmente ulteriori accertamenti per capire se l’uomo si sia ‘limitato’ alle minacce, e il reato è perseguibile solo tramite querela, o se invece, dagli approfondimenti investigativi, potrebbero emergere maltrattamenti prolungati. Urla e comportamenti aggressivi in apparenza di scarsa entità potrebbero essere la spia di situazioni più gravi.

Ogni giorno al comando provinciale dei carabinieri arrivano tante segnalazioni di liti in famiglia: in questi casi i militari accorrono e cercano di capire se ci si trovi di fronte a episodi isolati o di scarsa entità o se, invece, dietro ci siano storie prolungate di violenza. In linea di massima molte donne subiscono abusi anche per anni prima di trovare il coraggio di denunciare.

A volte accade che l’arrivo di una pattuglia, magari per un’aggressione più pesante delle altre, diventi poi l’occasione per la vittima di raccontare finalmente anche i precedenti episodi subìti, che magari si sono susseguiti per molto tempo. Ma non sempre le donne trovano il coraggio di rompere con la violenza e denunciare.

Spesso il femminicidio è solo la conseguenza estrema di un lungo vissuto di vessazioni di ogni tipo. O solo il reato più grave di cui si macchiano ogni giorno uomini nei confronti delle donne, e che vedono anche stalking, vessazioni psicologiche, botte e violenze sessuali.