Accusato di violenza, assolto da Ghini. La Cassazione: "Rifate il processo"

Sarebbe stata contestata l’interpretazione dell’articolo di legge

La denuncia dovrà essere di nuovo esaminata, stavolta da un altro giudice

La denuncia dovrà essere di nuovo esaminata, stavolta da un altro giudice

Reggio Emilia, 23 settembre 2017 - Accusato di violenza sessuale, è stato assolto. Ma il processo - ha deciso la terza sezione della Cassazione - è da rifare. Una vicenda approdata in aula nel 2016, davanti al Giudice per le udienze preliminari Giovanni Ghini. Lo stesso giudice finito al centro delle contestazioni poche settimane fa quando aveva deciso - per un uomo reo confesso di violenza ai danni di un 13enne disabile - di non prevedere il carcere, ma soltanto l’obbligo di firma.

La decisione della Cassazione non entra nel merito della colpevolezza o innocenza dell’imputato. Ma segnala la presenza di un ‘vizio’ nella sentenza reggiana, tale da richiedere di rifare il processo (stavolta con un giudice diverso). Tutto torna di nuovo in gioco, con una scelta che potrebbe essersi basata - da parte della Corte di Cassazione - sull’interpretazione dell’articolo 609 bis del Codice Penale (quello che tratta di violenza sessuale).

Era stata una giovane donna ad aver denunciato un massaggiatore, un caso poi approdato in tribunale. La donna sosteneva di aver subito atti sessuali (toccamenti e sfregamenti) durante una seduta di massaggi. A tutelare la donna l’avvocato Cinzia Morselli, mentre l’uomo è difeso dal legale Matteo Marchesini. La Procura, tramite il pm Stefania Pigozzi, dopo l’assoluzione aveva impugnato la sentenza rivolgendosi alla Cassazione, contestando il modo in cui era stato applicato l’articolo del Codice penale.

Il giudice Ghini aveva motivato l’assoluzione scrivendo che «non sapremo mai come siano andate le cose in quell’incontro perchè ci sono solo loro a raccontarcelo, e dove i racconti divergono, scegliere tra l’uno e l’altro è impossibile: quelli che pensano di poterlo fare probabilmente saprebbero anche decidere chi è pazzo fra la Signora Frola e il Signor Ponza suo genero». Citazione pirandelliana che rende bene l’idea della posizione del giudice (ma che può apparire stridente rispetto alla drammaticità di una vicenda nella quale si parla di violenza sessuale).

Ghini motiva l’assoluzione («perchè il fatto non sussiste») segnalando che «l’articolo 609 bis c.p. continue due figure di reato non solo distinte, ma incompatibili. In quanto basate l’una sulla costrizione, l’altra sull’induzione». Il giudice si trova di fronte a una situazione complessa, nella quale non è possibile sostenere una delle due ipotesi in modo chiaro e quindi neppure giungere a una condanna: «L’imputazione contiene due proposizioni non contraddittorie, cioè delle quali almeno una debba essere vera, ma contrarie, che cioè non possono essere entrambe vere, ma possono essere entrambe false». Fino alla conclusione: «L’accertata mancanza sia di violenza, sia di abuso di condizioni di inferiorità rende inutile qualunque ulteriore discussione». E quindi «al di fuori delle modalità di condotta selezionate, la lesione del bene tutelato, la libertà sessuale, può anche essersi verificata, e può anche essere stata percepita come tale dal soggetto passivo, ma non raggiunge la soglia della tipicità». Quindi assoluzione «perchè il fatto non sussiste». Ma ora il processo è tutto da rifare.