Allevi incanta al FestivaLove: «Pubblico di Scandiano da brividi»

Il pianista ha suonato il suo ultimo album Love: «Non sembrava neppure di essere in una piazza, ma in una sala teatro». E si racconta al Carlino

Giovanni Allevi sul palco di piazza Fiume a  Scandiano dove ha incantato la platea del FestivaLove

Giovanni Allevi sul palco di piazza Fiume a Scandiano dove ha incantato la platea del FestivaLove

SCANDIANO (Reggio Emilia) - 28 maggio 2016 - «Quello di Scandiano è un pubblico straordinario. Non sembrava nemmeno di stare in una piazza, ma in una sala concerto, in un teatro. Stasera (venerdì, ndr) è stato qualcosa di magico, ho sentito un legame speciale». La lode ai tremila spettatori di piazza Fiume è del maestro Giovanni Allevi. Il celebre pianista ha incantato piazza Fiume nel primo dei tre giorni di FestivaLove. Col suo nuovo album Love e le sue mani a dipingere suoni e melodie da sogno.

Apre il suo concerto con Yuzen, una canzone dedicata al Giappone (prende il nome da una decorazione tipica nipponica disegnata sulla stoffa, con l’amido di riso) dove a breve porterà il suo tour. Alla fine di ogni brano si alza, introduce il successivo. Gesticola, dosa le parole e con la sua timidezza commuove la platea.

Un’ora e mezza di concerto spettacolare davanti ai fan – che lui ama definire “fulminati”. Chiude con Albatros. Ma Scandiano chiede bis e tris. Allevi risale sul palco e cala “Prendimi” e “Back to Life” che ammaliano e scuotono cuore e anima. E a fine concerto, il maestro ci concede un’intervista.

MAESTRO ALLEVI, il suo album Love al FestivaLove di Scandiano. E ha indossato pure a tono, una maglia nera coi cuori dorati. Il trionfo dell’amore.

«Tutto perfetto. Ma l’amore non è perfezione. È qualcosa di insondabile, spigoloso e misterioso. E stasera (venerdì, ndr) sono successe tante cose misteriose».

Ovvero?

«Davanti a me non c’era solamente una folla. Ma uno spettacolo puro. Tutti in rigoroso silenzio. Non sembrava di stare in una piazza, ma in una sala concerto o in un teatro. Ed è stato gratificante. Mi sono abbandonato completamente alla musica e ho superato la paura che avevo prima di suonare».

Paura di suonare?

«Sempre. Suonare non è semplicemente schiacciare i tasti, ma condividere un’anima. È sublime e spaventoso al tempo stesso. Ma a Scandiano ho sentito un legame fortissimo col pubblico. Ho sentito bambini che mi chiamavano, è stato qualcosa di meraviglioso».

Che sensazioni ha appena termina un suo concerto?

«Mi sento in paradiso. Raggiungo una pace interiore. Prima di suonare ho paura, dopo però è tutto stupendo. Sono due anime contrapposte, come nel mio brano Other Side of Me. La fine di un concerto è un po’ come la quiete dopo la tempesta. Dura un bel po’, ma poi ritorno nel mio stato d’ansia e passo la notte successiva insonne, piena di pensieri».

Quando è in tour fa concerti ogni giorno. Come fa senza riposarsi?

«Ho trovato una mia dimensione mentale nella corsa. Facco 8-10 chilometri al giorno. Mi scarico e mi sento nel vuoto. Non penso a nulla ed è come dormire».

Lei ricorda in modo nitido ogni suo concerto. Come è possibile?

«Ogni concerto è unico e irripetibile. Ed è come se fosse sempre il primo. Sia per la paura che ho sia perché in seconda fila, ovunque io suoni, vedo quelle cinque persone che fecero un tifo da stadio per me in una sala concerto piccolissima a Napoli, vicino piazza del Plebiscito, il 9 aprile di 25 anni fa. Era la mia prima esibizione live. Dormii in stazione di notte. Fu un momento importantissimo per me. Capii che per l’affetto di quelle cinque persone, volevo suonare nella vita. Non m’importava se per grandi platee o per pochi. Poi, il regalo del destino è stato dieci anni dopo: concerto in piazza del Plebiscito davanti a migliaia di persone...».

Tra poco partirà per il Giappone. Cosa si aspetta e quali sono le differenze fra pubblico italiano e quello del Sol Levante?

«Ho imparato che non bisogna farsi aspettative. Altrimenti non si vive il fermento e l’estasi che precedono un tour. In realtà le differenze sono due facce della stessa medaglia. I giapponesi non amano esternare emozioni, ma dietro a quegli occhi apparentemente impenetrabili nascondono un mondo di fantasia incredibile. E in loro quando sono, percepisco il battito e sento le loro anime. Amano l’Italia e il nostro disordine. Mentre noi adoriamo la loro organizzazione...».