Frode fiscale internazionale. Arrestato un imprenditore di Albinea

Nei guai Luca Bassi, 50 anni, altri tre indagati. ‘60 milioni di evasione’ di Sabrina Pignedoli

Guardia di Finanza

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Albinea (Reggio Emilia), 24 luglio 2014 - Quindici società, anche con sede all’estero, e un vorticoso giro di false fatture con 60 milioni di euro di evasione. Tanto era riuscito a mettere in piedi — secondo le indagini della Guardia di Finanza di Trento — un imprenditore delle costruzioni di Albinea, Luca Bassi, 50enne, che nei giorni scorsi è stato arrestato. Sette le accuse di natura fiscale e fallimentare che gli sono contestate. In concorso con lui, sono indagate altre 13 persone in tutta Italia di cui tre reggiani, oltre a Bassi. Coinvolte nel vorticoso giro di fatture sono 15 aziende con sede in Italia e all’estero: quattro reggiane, tre nel Parmense, due in Trentino, tre rispettivamente a Forlì, Rimini e Milano; due sono spagnole e una inglese. Durante le indagini altre tre società hanno spostato la loro sede in Inghilterra. Gli uomini della Guardia di Finanza di Trento, comandati dal colonnello Fabrizio Nieddu, stanno svolgendo anche un sequestro per equivalente, finalizzato alla confisca di beni immobili, vetture, quote societarie e disponibilità finanziarie — molte delle quali intestate a prestanome — per un valore di quasi 6 milioni di euro.

L’operazione, denominata Bulldozer, ha preso avvio da una verifica fiscale su una società di Trento, la Orma, attiva nel commercio di macchine per il movimento terra. I controlli hanno consentito il recupero a tassazione di un imponibile di circa 47 milioni di euro ed Iva per 11 milioni. Ma le Fiamme Gialle hanno notato anche altro. L’azienda, in difficoltà economica, sarebbe stata acquisita da Bassi e intestata a padre e figlio: due prestanome — secondo quanto risultato dalle indagini — uno pensionato e l’altro disoccupato. I due hanno già patteggiato una pena di un anno e undici mesi per questi fatti. L’azienda funzionava in parte in maniera regolare, in parte veniva utilizzata, secondo le accuse, per emettere fatture false. Dalle indagini è emerso che, per un unico mezzo d’opera, risultavano diverse compravendite fittizie che interessavano le varie società del gruppo, alcune delle quali con dichiarazione di essere abituali esportatori e, quindi, non sottoposte al pagamento dell’Iva. Così, veniva abbattuto il reddito e i bulldozer potevano essere venduti a un prezzo estremamente concorrenziale. 

Nel corso dell’attività investigativa, coordinata dalla procura di Trento, sono stati riscontrati anche diversi episodi di distrazione fraudolenta di beni dall’asta fallimentare. La stessa società verificata, durante l’indagine, aveva avanzato una richiesta di concordato preventivo, nella quale, con il supporto delle altre società compiacenti, erano stati aumentati fittiziamente di alcuni milioni di euro i crediti vantati, al fine di indurre i creditori ad accettare il concordato ed evitare il fallimento e i conseguenti controlli.

Sabrina Pignedoli