Così il basket sorride a metà

Reggio Emilia, 27 giugno 2015 - Complimenti a Sassari: ha meritato il titolo. Se non nella finale, in una stagione intera: fra supercoppa, coppa e campionato, si è portata a casa tutto. Sfruttando le sue armi: forza muscolare in difesa e quella fantasia anarchica in attacco che consente persino di restare agganciati alla finale con un tripla di tabella. Ma è uno scudetto che non aiuta il basket: avvalora la tesi che le squadre si possano cambiare ogni anno imbarcando americani in transito, un’idea diffusa che ha portato al degrado tecnico di questo sport. Oltre a impedire che la passione popolare diventi affetto, incollandosi ai protagonisti sul campo: fra vent’anni non ci si ricorderà dei Logan e dei Lawal, ma di Cinciarini e Polonara.

Complimenti anche a Reggio Emilia: non è retorica dire che avrebbe meritato lo scudetto. Forse anche più di Sassari: ha giocato meglio, ha giocato a basket. L’ha fatto con quello spirito guerriero che conquista il pubblico: non ha mollato mai, neanche quando tutto sembrava rivoltarsi contro, dalla salute agli arbitri fino alla sorte. In fondo, una vittoria l’ha ottenuta: arrivare ad un passo dal titolo con una squadra costruita sugli italiani e i ragazzi fatti in casa è la conferma che le buone idee possono aiutare il basket a ripartire.

Complimenti alla finale scudetto: pur inedita, perché giocata fra chi il tricolore non l’aveva mai vinto, si è rivelata tra le più belle. Per le emozioni che ha regalato: la sesta sfida, finita dopo tre supplementari, è stato il più gigantesco degli spot. Crudele e magnifica, la legge dello sport vuole che alla fine ci sia sempre un vincitore: solo per quella serata, Sassari e Reggio avrebbero meritato invece uno scudetto a testa.

Complimenti anche alla Lega basket: dopo essersi inventata il campionato più lungo ed estenuante del mondo, che riesce a cominciare prima e finire dopo la Nba, ha scelto di restare al guinzaglio di una Rai che, a livello di qualità tecnica, è ancora ferma alla preistoria. Accettando orari assurdi, i club hanno voltato le spalle ai giornali e, soprattutto, agli appassionati che li leggono: la celebre visibilità a senso unico. Ben altra politica seguono in Spagna e nell’emergente Germania per catturare attenzione: purtroppo qui, da molto tempo, è diventato difficile anche seguire i buoni esempi.