Kobe Bryant a Reggio: "Il mio grande sogno è iniziato qui"

L’intervista al campione Nba: «Questo posto è particolare. In America non capiscono»

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Reggio Emilia, 24 luglio 2016 - I posti del cuore. Ci sono luoghi, nell’anima di ciascuno di noi, che sono speciali. E hanno sapori e profumi che non possiamo dimenticare. Reggio Emilia, per Kobe Bryant, è un posto del cuore. Lo è stato fin da giovanissimo. Quando arrivò in via Emilia con papà Joe che faceva impazzire i tifosi dell’allora Cantine Riunite nella serie A dei canestri e lui, alto come un soldo di cacio, divertiva gli spettatori del palasport con i suoi tiri e i suoi canestri nell’intervallo delle partite.

Kobe visse tra Reggio e Montecavolo e qui ha lasciato una piccola parte del suo cuore. Tanto che i suoi blitz e le sue visite non si contano più. E ieri ha voluto, ancora una volta, rivedere Reggio, sorprendendo tutti. Rinunciando ad un viaggio, già programmato a Parigi e portandosi in Emilia.

E quando, ieri pomeriggio alle 17,45, quello che è stato il giocatore di basket più bravo e famoso al mondo, si è materializzato in via Franchetti, dove ad attenderlo c’erano centinaia di persone, proprio da Reggio ha voluto partire, parlando ai ragazzi che erano seduti al centro del campetto.

«La mia storia - ha detto Bryant - è cominciata da questa città. Andavo a scuola qui vicino. Il mio sogno è iniziato a Reggio e io sono la dimostrazione che tutti i sogni si possono realizzare».

Il Black Mamba del basket mondiale, che si è ritirato alla fine dell’ultimo campionato NBA, ha risposte alle domande dei ragazzi della sua accademia ed ha rivelato che il momento più emozionante della sua lunga e trionfale carriera cestistica, è stata la sua ultima partita da giocatore di basket.

Poi, dopo gli autografi, l’abbraccio e gli auguri ad Alessia, neodiciottenne che ha avuto un regalo fantastico per il suo compleanno, Kobe Bryant ha accettato di concedersi per alcuni minuti ai giornalisti reggiani. Un incontro che, in realtà, non era previsto. Ma che lo stesso Bryant ha sollecitato.

Aveva voglia di parlare di Reggio, di lasciarsi un po’ andare, di tornare alla sua gioventù.

«Perché sono così legato a Reggio? Perché ho tantissimi ricordi speciali. Qui potevo girare in bici, andare a mangiare un gelato con i miei amici. Sensazioni bellissime. Quando stavamo arrivando, poco fa, ero in auto e dicevo, con i miei accompagnatori: avreste mai pensato che uno dei migliori giocatori della NBA potesse crescere qui? Non c’è niente di più lontano da Los Angeles. Vuol dire che ogni sogno è possibile».

Lo sa che la Pallacanestro Reggiana ha appena disputato due finali scudetto?

«Non l’ho seguita molto, ma qualche notizia l’ho avuta e so che la squadra sta andando molto bene. Sono felice che sia diventata vicecampione d’Italia».

Mai pensato di comprarla, la Pallacanestro Reggiana?

«No, è un’idea che non ho mai avuto. Ora che mi avete fatto la domanda, però, magari qualche domanda in giro la faccio anch’io...».

Lei torna spesso dalle nostre parti...

«Sì, è vero: quando posso, un giro a Reggio lo faccio volentieri. E’ bello perché tutti mi salutano senza infastidirmi. Ora che ho più tempo libero, magari potrò venire più spesso. L’ultima volta che sono passato da Montecavolo è stato un paio di anni fa. Quella volta lo feci in gran segreto. Penso che presto tornerò ancora con la mia famiglia, ma questa volta - ride Kobe - non ve lo farò sapere...».

Se lei dovesse spiegare a un americano perché le piace Reggio, cosa direbbe?

«E’ difficilissimo, per qualcuno che vive negli Stati Uniti, capire quanto è differente la vita in questa città e l’amore che c’è a Reggio. Le mie figlie, negli Stati Uniti, non possono avere le cose che ho avuto io: piccole, ma normali. Stare in giro con gli amici, ridere e scherzare. E così si perdono tanti momenti belli. A me dispiace perché questo è importante. Non posso neppure spiegarglielo perché non riuscirebbero a comprendermi. Non l’hanno mai visto, non possono viverlo e non se ne rendono conto».

Qual è il ricordo più bello che lei ha della sua gioventù nella nostra città?

«Eh, domanda difficile... - ride Bryant che prima di rispondere ci pensa qualche istante -. Non è un ricordo di basket. Avevamo fatto uno spettacolo dopo la scuola, quando avevo 12 anni, e io e mia sorella dovevamo fare un ballo. Ci siamo preparati e allenati, c’era tutta la città a guardarci. Fu molto divertente ed è un bellissimo ricordo».

E’ vero che Mike Piazza le ha parlato della Reggiana calcio?

«Ho sentito un po’ di cose ma, a dir la verità, niente di serio».

Un suo ex compagno di squadra le ha mandato un tweet per chiederle aiuto per sistemare uno storico campetto di basket...

«Per me leggere i tweet è letteralmente impossibile. Ora che me l’avete detto, però, proverò ad informarmi meglio. Se posso essere utile, qualcosa farò...»

Ci parla del suo futuro: cosa può fare Kobe Bryant per l’Italia?

«Partiremo con dei camp e dei clinic di basket, ma la mia idea è quella di provare a dar vita ad una vera e propria scuola che insegni il basket, ma permetta a tutti di andare oltre. Perché non tutti possono diventare giocatori professionisti. Chi non ce la fa, deve avere buone basi culturali e di marketing per fare altre professioni. Quella della scuola in Italia, insomma, è un altro dei miei sogni».