Lesioni gravi al neonato, ginecologo condannato

Casalgrande, per l’accusa avrebbe dovuto anticipare il parto. Chiesti 2 milioni alle assicurazioni del medico e del Policlinico di Modena

La corsia di un ospedale (Foto di repertorio Germogli)

La corsia di un ospedale (Foto di repertorio Germogli)

Casalgrande (Reggio Emilia), 16 maggio 2015 - Un parto finito male, con lesioni gravissime a un bambino che oggi ha sette anni e non può sentire, parla con gravi difficoltà, cammina con tutori alle gambe e soffre di crisi epilettiche. È il calvario di una famiglia di Casalgrande che ieri in tribunale a Modena ha assistito alla condanna a un anno (pena sospesa) del ginecologo che, l’8 giugno 2008, era il primo medico di guardia al Policlinico di Modena.

Il dottor Vincenzo Mazza, 62 anni – noto ginecologo dalla carriera finora immacolata sotto il profilo giudiziario – è stato ritenuto colpevole in primo grado di lesioni colpose gravissime. Farà appello tramite il suo avvocato, Andrea Mattioli. Il reato si prescriverà a dicembre e quindi per il medico non arriverà mai una sentenza definitiva. Quella emessa ieri, però, avrà notevole importanza sotto il profilo civilistico. I genitori del bambino, infatti, non si sono costituiti parte civile nel processo penale poiché hanno intentato una causa civile chiedendo alle assicurazioni di Policlinico e Mazza un risarcimento di oltre 2 milioni di euro. Il danno subito dal figlio, in effetti, è incalcolabile.

Ieri il giudice ha invece concesso una provvisionale di 60mila euro a testa ai due nonni materni che invece erano parte lesa in udienza. «Siamo soddisfatti della sentenza che rende giustizia a un caso particolarmente drammatico», commenta l’avvocato della famiglia, Nicola Termanini. Il pm Lucia De Santis aveva chiesto una condanna a un anno e mezzo.

Da quanto ricostruito in aula, il ginecologo seguiva la donna da alcuni mesi. Il giorno prima del parto la signora fu ricoverata da Mazza che però, sostiene l’accusa, non ordinò il monitoraggio continuo del feto né il cosiddetto ‘stress test’ per valutare la sofferenza fetale in atto. Questo malgrado i tracciati mostrassero complicazioni che, secondo le testimonianze rese a processo, la specializzanda aveva esposto al ginecologo di guardia. Sul fatto si sono anche espressi più consulenti di parte. Si tratta di un caso clinico complesso, per alcuni degli specialisti il ginecologo non avrebbe potuto evitare il peggio. Per l’accusa, però, i danni al neonato potevano essere limitati anticipando il parto e praticando un taglio cesareo. Il bambino, invece, nacque in arresto cardiaco e ciò comportò danni irreparabili.