'Ndrangheta: Pagliani verso il processo, Iaquinta indagato per le armi

Inchiesta Aemilia, tra i 224 avvisi di chiusura indagini anche Gibertini

Vincenzo Iaquinta (Ansa)

Vincenzo Iaquinta (Ansa)

Reggio Emilia, 1 luglio 2015 - Avviso di chiusura indagini per 224 persone finite nei guai, a vario titolo, nell’operazione Aemilia. Lo aveva già annunciato il procuratore capo Roberto Alfonso e ieri i carabinieri hanno proceduto alla notifica degli atti, firmati dallo stesso Alfonso e dai sostituti Marco Mescolini, Enrico Cieri e Beatrice Ronchi. Ciò che era emerso dalle carte dell’ordinanza di custodia cautelare è stato in larga parte confermato anche se ci sono 26 nomi che ‘escono’ e altri 47 che ‘entrano’.

Tra i nomi nuovi spicca quello dell’ex calciatore della Nazionale Vincenzo Iaquinta, accusato di detenzione irregolare di armi. Il calciatore – come era già emerso nei giorni successivi al maxi blitz dell’operazione Aemilia – aveva affidato due pistole e i proiettili al padre Giuseppe, a cui la prefettura aveva fatto divieto di detenerle. Vincenzo Iaquinta aveva detto di averlo fatto per sicurezza nei confronti dei figli e perché era spesso fuori casa.

Nell’avviso di chiusura indagini ci sono anche il consigliere comunale Giuseppe Pagliani e il giornalista Marco Gibertini: a entrambi è contestato il concorso esterno in associazione mafiosa.

L’accusa di associazione a delinquere di tipo mafioso resta per 54 persone. Ci sono ovviamente quelli che per la procura sono considerati i vertici come Nicolino Sarcone, ritenuto il reggente della cosca Grande Aracri a Reggio, Michele Bolognino, referente per la val d’Enza e Parma, Alfonso Diletto, referente per la Bassa, Francesco Lamanna, gli imprenditori Antonio Gualtieri, Romolo Villirillo, Giuseppe Giglio, Gaetano Blasco, i fratelli Vertinelli di Montecchio.

Sempre tra gli accusati di 416 bis compaiono l’imprenditore Pasquale Brescia, titolare del ristorante ‘Antichi Sapori’, dove è avvenuta la cena del 21 marzo 2012 a cui ha partecipato Giuseppe Pagliani; il poliziotto Domenico Mesiano e Giuseppe Iaquinta, padre del calciatore. Saltano all’occhio, tuttavia diversi omissis che compaiono negli atti, sinonimo che, probabilmente, non tutte le vicende sono ancora chiarite a dovere.

Con l’avviso di chiusura, «l’autorità giudiziaria – è scritto nell’atto – contesta alla persona sottoposta alle indagini in forma chiara e precisa il fatto che le viene attribuito, le rende noti gli elementi di prova esistenti contro di lei».

Ora gli indagati hanno tempo 20 giorni per presentare memorie, produrre documenti ed essere interrogati.

A quel punto il pubblico ministero deciderà se chiedere il rinvio a giudizio – come avviene solitamente – oppure l’archiviazione.