Officine Reggiane, i cartellini ritrovati raccontano chi siamo

Andrea Boni: «Erano abbandonati sulla strada. Rintracciati i lavoratori, glieli ho consegnati»

Le Officine Reggiane in una immagine d'epoca

Le Officine Reggiane in una immagine d'epoca

Reggio Emilia, 5 gennaio 2016 - PIERO era un saldatore, Nello lavorava al tornio, Mirella scriveva le lettere, Paride si occupava della manutenzione, Giulio era un disegnatore tecnico. Sono solo alcune tra le migliaia di persone che lavoravano alle Officine Reggiane, la gigantesca e storica azienda ubicata alle porte della città. Sono schegge di una memoria fatta di sudore e frastuono, di formazione e miglioramenti professionali. Che lentamente ricompongono un racconto corale, fissato in modo indelebile sui cartellini mensili e in alcuni filmati.

Si tratta di piccoli documenti della quotidianità, che hanno rischiato di andare perduti. Ma sono stati salvati, per essere consegnati tanti decenni dopo ai dipendenti. E in questo modo hanno rievocato momenti che si credevano sbiaditi.

«Passando da via Agosti, ho trovato molti cartellini sul ciglio della strada, probabilmente finiti lì durante la bonifica dell’area delle ex Officine Reggiane», spiega Andrea Boni, 37 anni, conosciuto per le collaborazioni di riprese tv con emittenti locali e enti di promozione sportiva.

«Allora ho pensato che sarebbe stato bello rintracciare i vecchi lavoratori per consegnare i cartellini e intervistarli, in modo da lasciare una memoria composta dai loro vissuti, dalle tante storie che ancora ricordano».

I CARTELLINI coprono un lungo periodo, che va dalla fine degli anni ’40 agli anni ’80. Tante epoche della storia delle Officine Reggiane. La distruzione della guerra è alle spalle, la produzione di aerei un ricordo da tramandare. L’azienda prosegue con un’intensa attività. Si va dalle motrici alle attrezzature portuali, dalle macchine per pastifici agli impianti per la potabilizzazione dell’acqua. E tanti altri prodotti ancora, a sottolinearne la vitalità industriale.

«Mi sono dedicato in particolare a qualche mese del 1949 e del 1972, sono riuscito a rintracciare alcune persone, qualcuno si è molto emozionato quando ha ricevuto il vecchio cartellino, sono emersi racconti di sicuro interesse per la città», continua Boni, che ha filmato le conversazioni anche affiancato da esperti del marchio Reggiane.

«SOPRATTUTTO con i più anziani, il discorso ha spesso toccato il difficile periodo della guerra, quando gente che lavorava alle Reggiane è stata richiamata alle armi, per alcuni c’è stato l’internamento nei campi di prigionia, altri hanno ricordato piloti in lacrime per il sospetto che l’aereo fosse stato sabotato, poi i giorni della liberazione».

«Sono riuscito a recuperare pure una timbratrice – continua Boni – mi è costata solo un euro, è molto arrugginita, ma è un pezzo molto curioso, da abbinare ai cartellini».

I cartellini a volte evidenziano la qualifica. Sottolineano una cospicua presenza femminile. La giornata di lavoro è prevalentemente di otto ore, dalle 8 alle 12 e dalle 14 alle 18. Una parte della lunga e complicata storia delle Reggiane rivive così grazie alle emozioni suscitate da questi cartellini sfuggiti al passato. Che hanno ritrovato i proprietari di un tempo. E hanno permesso di fissare in video le memorie. Per essere condivise.