Omicidio stradale, "L’ha uccisa ed è tornato a guidare"

La mamma di Paola, travolta in bici: «Sì a pene più severe»

249__WEB

249__WEB

Reggio Emilia, 22 maggio 2015 - Fra un mese esatto, sarà il decimo anniversario della scomparsa di Paola Di Meo, vittima a 24 anni di un incidente avvenuto in via Mozart a Massenzatico. Un uomo, all’epoca di 34 anni, alla guida di un furgone aveva travolto la ragazza in bici, ferendone un’altra. Il conducente era risultato positivo al droga-test. I genitori di Paola, Antonio Di Meo e Rosalba Pellegrino, da subito chiesero giustizia, sollecitando pure l’introduzione del reato di omicidio stradale per rendere più severe le pene in caso di incidenti provocati da droga o alcol. Ora un passo avanti è stato compiuto.

Signora Rosalba, dieci anni fa ha perso una figlia a causa di un incidente provocato da un conducente sotto effetto di droga. Cosa ne pensa di questo passo avanti verso l’introduzione del nuovo reato?

«Mia figlia non ce potrà restituire nessuno. Ma credo che questo tipo di reato potrebbe inasprire le pene a carico di chi si mette alla guida in condizioni inadatte. E potrebbe essere un deterrente, visto che in caso di incidente le conseguenze non sarebbero più così ‘miti’ come ora».

Nel vostro caso pensate che sia stata fatta giustizia?

«Subito dopo il processo sembrava di sì. Ma poi ci siamo accorti che non era così. Alla fine che condanna c’è stata? Il conducente sotto effetto di droga è tornato a lavorare, è tornato alla sua vita normale. E’ tornato a guidare nonostante già prima di investire mia figlia, si fosse visto ritirare la patente per gravi infrazioni. A noi, invece, è stata cambiata la vita».

Come avete vissuto, in famiglia, questa grave perdita?

«Da quel giorno per noi il tempo si è fermato. Andiamo avanti perché dobbiamo farlo. Io, mio marito, l’altra mia figlia. Paola la ricordiamo tutti i giorni. Vado spesso al cimitero a tenere in ordine la sua cappellina, che per noi è la sua casa. E pure in abitazione è tutto uguale: la sua cameretta, il suo armadio con tutti i suoi vestiti. La presenza c’è. Eccome».

Cosa prova per il conducente?

«Penso che non dovesse essere lasciato libero di continuare a vivere come se nulla fosse accaduto. Doveva andare in una struttura per farsi curare, per non essere più a rischio per sé e per gli altri. Per lui non provo odio, ma solo tanta, tantissima pena».

Lui ha cercato un contatto? Un modo per chiedere perdono?

«Macchè. Neanche una telefonata o un messaggio. Nulla. Un contatto l’avremmo gradito. Anche solo per un segno di pentimento».

Pensa che Paola proverebbe risentimento?

«Era altruista e generosa. Credo che l’avrebbe perdonato. Lei era fatta così…».