"Mia moglie aggredita davanti a scuola. Sarebbe ‘falsa invalida’ solo perché nera"

Il pastore evangelico Jean: "Insulti razzisti, abbiamo denunciato"

La signora Huila Zola Sini, 39 anni, e il marito

La signora Huila Zola Sini, 39 anni, e il marito

Reggio Emilia, 24 febbraio 2015 - Aggredita davanti a scuola, accerchiata da un gruppo di genitori sotto gli occhi del suo piccolo di 9 anni. Additata come ‘falsa invalida’, «soltanto perché è nera, africana, diversa». È questa l’accusa mossa dal pastore evangelico Jean Tshibuabua Kakoyi, 48 anni, a capo della comunità del centro storico e operaio. Accuse che sono sfociate «in una denuncia ai carabinieri, anche perché «mia moglie quel pomeriggio è finita all’ospedale, in preda a una crisi di ansia, non riusciva neanche a respirare. Ora ha paura a tornare lì». Tutto sarebbe accaduto il pomeriggio di venerdì 20 febbraio, verso le 16,30 all’uscita della scuola Italo Calvino in via della Canalina.

«Mia moglie è invalida e ha un permesso auto – racconta Jean –, ma da anni ci sono persone che vengono a chiederle di non mettere lì il veicolo». L’apice arriva però, appunto, venerdì «quando è stata aggredita da un gruppo di genitori che sostenevano non potesse parcheggiare la macchina nel posto disabili, perché c’era la madre di una scolara portatrice di handicap che ne aveva bisogno».

Stando ai racconti riferiti dalla donna – Huila Zola Sini, 39 anni – uno di loro le avrebbe anche gridato: «Voi altri andate a fare queste cose nel vostro Paese. Da noi questi posti sono solo per chi ha un vero handicap. Non come lei. Ci faccia vedere che problema ha... »

La donna – racconta il marito – «è stata vittima di un incidente stradale qualche anno fa, da allora ha subito 13 interventi ed è invalida certificata all’80%. Ha ancora difficoltà fisiche notevoli. Nonostante questo ha sempre voglia di vivere, sta combattendo, ma le parole che le sono state rivolte dimostrano un basso grado di civiltà. La cosa più brutta è che tutto ciò è accaduto davanti ai bambini, a nostro figlio, che è stato coinvolto dall’inizio alla fine». Durante l’episodio, la signora «ha chiamato i carabinieri, che sono intervenuti e hanno identificato e ascoltato due persone, gli altri se ne erano già andati».

Lei, però, «ha avuto molta paura, l’hanno messa in crisi ed è finita all’ospedale. Ha avuto una crisi forte di stress, di ansia, tremava, non ce la faceva più a stare in piedi. Per questo è anche stata portata in ospedale».

Il pastore aggiunge: «Se parlo di questa cosa è solo per condannare il fatto che sia aggredita una persona solo perché diversa. Hanno mancato di rispetto a una madre di quattro figli. Per noi è una grandissima vergogna. Anche perché ancora non abbiamo capito quale sia il problema. Ci sono quattro posti per invalidi in quell’area: due dentro e due fuori. Lei ha sempre parcheggiato fuori. Ma appena la vedono arrivare le dicono ‘tu non devi lasciare la macchina lì, ci sono altre madri di bambine invalide’. Ma è una solidarietà discriminatoria. Non si può difendere un invalido facendo discriminazione verso un altro». E conclude: «Siamo originari del Congo, ma reggiani e italiani a tutti gli effetti: i nostri figli sono nati qui, abbiamo la cittadinanza. Questo è un film già visto, non solo sul luogo di lavoro, ma anche sulla piazza, ogni giorno: si chiama razzismo. Ma ora basta, non accettiamo queste azioni in un paese civile. In tutto questo non ho ricevuto una telefonata di solidarietà da parte dei genitori, nessuno che mi abbia chiamato per chiarire, per spiegare che magari si è trattato di un equivoco. Niente. Mi dispiace per mio figlio, certe cose i bambini non le dimenticano più».