Mike Piazza e Reggio protagonisti sul 'The New York Times'

Nel reportage viene descritta nel dettaglio la sua nuova vita professionale a Reggio Emilia

La pagina del New York Times con Piazza

La pagina del New York Times con Piazza

Reggio Emilia, 20 febbraio 2017 - Il presidente della Reggiana Mike Piazza e Reggio Emilia protagonisti di un reportage sul famoso e prestigioso quotidiano americano The New York Times. L'articolo, ad opera di Anedw Keh, titolava “Mike Piazza learns how to be an owner. Of a soccer team. In Italy” (Mike Piazza sta imparando. A essere il proprietario di una squadra di calcio. In Italia).

Eccovi la traduzione in italiano dell’articolo.

Mike Piazza era affamato ed in preda al jet-lag ma nessuno se ne sarebbe potuto accorgere mentre 'slalomeggiava' tra abbracci, strette di mano e baci«Hey! Ciao! Ben ritrovato!»

Sono passati dieci anni da quando Piazza, 48 anni, si è ritirato dal baseball giocato ed entrato nel Pantheon dello sport del diamante come uno dei migliori “catcher-fuoricampisti” della storia del gioco. Tipicamente, superstar come lui, una volta appesa la mazza al chiodo si costruiscono una seconda carriera come commentatori televisivi oppure indulgono in interminabili partite a golf. Piazza, l’anno scorso, ha deciso che sarebbe diventato l’azionista di maggioranza di una squadra di calcio di terza divisione in Italia, la Reggiana.

Così oggi, ad un anno dal suo ingresso nella Hall of Fame del baseball, il centro della vita professionale di Piazza è qui, a Reggio Emilia. Una suggestiva città di 100 mila anime a sud di Milano – e a 5000 miglia da casa sua, a Miami, negli Stati Uniti. Qui, la vasta maggioranza della gente guarda a ciò che chiamiamo The American Pastime (Il passatempo degli americani) – ossia il baseball – come una curiosità molto lontana. La popolazione locale ha colto il fatto che Piazza fosse estremamente famoso in patria, ma hanno avuto la necessità di cercare su Google la ragione di tutto ciò. La sua popolarità, qui, dipenderà quasi ed esclusivamente dalla sua abilità di portare il club nuovamente al massimo livello calcistico.

Non si è fermato un attimo in quel piovoso mattino in cui la sua squadra affrontava a mezzogiorno il Modena, un rivale locale, dispensando saluti in italiano e inglese nella zona VIP dello stadio. Un leggero fumo di sigaretta ed i canti lontani dei tifosi sugli spalti venivano trasportati dal vento mentre  scaglie di Parmigiano-Reggiano venivano tagliate e posate su piatti di tortelli di zucca. Una volta terminati i convenevoli e le strette di mano, Piazza si è chiuso in un intimo palco privato dove ha potuto finalmente riflettere sulla sua nuova professione.

«Mi ricordo che da giocatore ci si lamentava perché si viaggiava su degli aerei piccoli – afferma – “Ci hanno dato un 737 invece di un 757? Spazzatura! I proprietari non vogliono ”, pensavo. Adesso? Adesso penso  “100 dollari a camera per stare in ritiro? Ma dove alloggiano? Al Four Season?”». Non appena la partita ha avuto inizio, Piazza si è ritrovato a pensare continuamente a come il maltempo avesse potuto condizionare la vendita dei biglietti per la partita. Mentre il gioco scorreva sotto di lui, focalizzava l’attenzione nel calcolare il tempo di apparizione di una pubblicità sui led luminosi al livello del campo di gioco. Poco dopo, il presidente è stato raggiunto da Maurizio Franzone, il General Manager del club, e Piazza mentre la partita proseguiva lo ha tempestato di domande su tattica e giocatori.

E’ stato Franzone il primo a prendere contatto con i proprietari locali del club, il 10 Dicembre del 2015. Piazza e Franzone si conoscono da anni, e per molto tempo hanno discusso dell’opportunità di investire nel calcio. Dopo i primi colloqui, è stato un entusiasta Franzone – che ha avuto approcci con almeno altri venti club in Italia – a far presente a Piazza di aver trovato una situazione pressoché perfetta. La Reggiana gioca in uno stadio grande in grado di ospitare un gran numero di spettatori nel momento in cui si verificasse il salto di categoria. Il club vanta un centro di allenamento con oltre 11 campi a disposizione. Geograficamente, risulta potenzialmente raggiungibile da un gran numero di aziende interessate a unire il loro brand a quello del club. Infine, un nucleo di tifosi disperatamente alla ricerca di giorni luminosi in un futuro non troppo lontano. «Mettiamola così: questo è un club che ha bisogno di tornare in alto – dichiara Franzone, 47 anni, ex portiere professionista. Un signore estremamente distinto nel vestire e curato nell’aspetto – La gente di Reggio Emilia ne sente il bisogno».

“PRESIDENTE” PIAZZA

Non è stato facile essere un tifoso della Reggiana negli ultimi vent’anni. Negli anni ’90 il club ha giocato in serie A, la massima espressione calcistica nazionale, e nel 1995 ha inaugurato il nuovo stadio con migliaia di tifosi che hanno contribuito a finanziare l’operazione sottoscrivendo una serie di abbonamenti pluriennali. Ma le cose sono andate a sud velocemente. La retrocessione nel 1997, e pochi anni dopo, a causa di un fallimento, è stata costretta a cedere la proprietà dello stadio, venduto poi all’asta. Oggi la struttura è di proprietà di Giorgio Squinzi, il proprietario del club di una cittadina limitrofa: Sassuolo. I club condividono lo stadio, con la Reggiana che paga l’affitto – un accordo che è fonte di profondo imbarazzo per i tifosi granata.

Piazza, tuttavia, al momento ha convinto i tifosi, che gli stanno dando fiducia. Il 18 di Giugno scorso, dieci giorni dopo aver pubblicamente dichiarato di aver sottoscritto un accordo di principio per l’acquisizione della maggioranza del club, migliaia di persone lo hanno osannato nella piazza principale della città, tra canti e cori di giubilo per l’ex campione di baseball. Se qualcuno, poi, avesse potuto pensare che Piazza si sarebbe rivelato un proprietario “distante” e poco interessato alle sorti della sua squadra, è stato presto smentito. Sono stati sette i viaggi compiuti da Mike dal momento dell’acquisto del pacchetto di maggioranza del club, molti di questi di notte, spesso trascorsi insonni. Ha adottato un approccio “olistico” allo sviluppo del parco giocatori ed ha riflettuto molto su quali elementi della cultura sportiva statunitense potessero funzionare nella realtà italiana. Sono stati siglati nuovi contratti di sponsorizzazione; altri che avevano abbandonato il club nei suoi anni bui, sono tornati. Il numero degli abbonati è passato dai 2615 della stagione scorsa ai 5.243 di quest’anno.

Al momento la Reggiana è quarta in campionato. «Crediamo fermamente nel progetto di Mike Piazza» dichiara Stefano Cavazzoni, 46 anni, tifoso granata dai primi anni ’80. Gabriele Miari, 32 anni, evidenzia come Piazza ogni tanto lasci qualche commento sulla pagina Facebook dedicata al club e gestita interamente da lui. Ricorda di come in una trasferta in una sperduta cittadina italiana, Lumezzane, in una fredda giornata, Piazza stesso si avvicinò alla curva e con un filo di sarcasmo, in italiano, si lasciò scappare un “almeno non è così caldo come a Miami”, facendo sorridere il contingente di tifosi che aveva seguito la squadra in trasferta.  «Ci ha fatto sentire di poter essere accessibile anche se si tratta di un uomo estremamente facoltoso. Il suo italiano? E’ come il nostro inglese: ha bisogno di pratica».

Piazza, che è andato a lezione d’italiano per sei mesi (e per sua stessa ammissione ha ancora bisogno di migliorare), sta a poco a poco rinfrescando le sue nozioni sul calcio. Cresciuto vicino a Philadelphia, il suo interesse per questo sport è stato, come minimo, vago durante la sua carriera da professionista. Tuttavia, nonostante il suo percorso di sportivo di altissimo livello si sia sviluppato in uno sport che i giocatori di calcio conoscono poco, Piazza gode di estrema credibilità all’interno del gruppo di giocatori: “Sanno che hai annusato anche tu l’odore dello spogliatoio” suole spesso ricordargli Franzone.

L’essere proprietari di club porta con sé delle gioie viscerali e Piazza si è chiaramente goduto la partita: «Dai! Dai! Bravo! Prendi la palla!». Il tutto accompagnato da uno spritz e da un paio di bicchieri di rosè: «Avrò un po’ di mal di testa. Ma se riusciamo a portare a casa questa partita ne sarà valsa la pena. Sono praticamente due Advil». La conversazione durante l’intervallo si è focalizzata sui prodotti gastronomici della zona che Mike elenca religiosamente quasi tutto d’un fiato: «Questa è l’altra ragione per cui ho comprato la squadra: il prosciutto, la bresaola, la coppa, la mortadella. E’ tutto qui».

Nulla che lui abbia potuto incontrare con i gruppi di investitori interessati a posizionare una franchigia della Major League Soccer in qualche nuova città: «preferirei essere povero in Italia che stare a St. Louis. Qui almeno si può sempre sperare in un ottimo pasto!». Quando la Reggiana ha segnato il gol della vittoria nel corso del secondo tempo, Mike ha mulinato il pugno in aria in segno d’esultanza e si è lasciato andare in un urlo prorompente. Ha maledetto il momento in cui un suo giocatore si è infortunato nel finale e lo stesso ha fatto quando è stato annunciato il tempo di recupero. “Si!” ha tirato un sospiro di sollievo quando l’arbitro ha fischiato la fine del match e chiudendo gli occhi, si è toccato il petto: “Mamma mia”. Al termine, vari tifosi gli si sono avvicinati per salutarlo chiamandolo “Presidente” – un formalismo che fa ridere spesso sua moglie Alicia Rickter. Stringendo mani e posando per fotografie, “Grazie per essere venuti” diceva a chi gli si avvicinava.

E mentre si preparava per andare, un vecchio tifoso stringendogli la mano gli ha sussurrato “Ci porta fortuna. Per favore torni presto”.

UN’ANATRA CHE TORNA NEL SUO STAGNO

Il giorno dopo, durante un pranzo assieme a Franzone, Piazza ha paragonato l’essere il proprietario di una squadra di calcio al far crescere alberi di macadamia. Ci si può mettere fino a cinque anni prima che questi possano dare i loro frutti: «Ho voluto arrivare in una situazione in cui ci fosse qualcosa da costruire». Piazza ha adottato la stessa filosofia anche per ciò che riguarda la sua vita in Italia. La prima volta che visitò il Paese aveva 34 anni. Fino a quel momento era stato in Giappone sette volte, ma mai in quello che aveva dato i natali ai suoi nonni paterni.

Quel viaggio lo ha cambiato, dice lui. Crescendo, ha assorbito una serie di idiosincrasie culturali – sia che fossero per i gusti, per i comportamenti o locuzioni – che in alcune situazioni si evidenziavano in modo esplicito; in altre, affioravano inconsciamente. A Roma, una volta, ha avuto modo di notare come questi elementi celati della sua identità si componessero perfettamente con l’ambiente circostante. L’anno dopo, suo papà Giuseppe e lui stesso, hanno visitato Sciacca, il paese del sud-ovest della Sicilia dove il suo bis-bis-bis-bis-bis nonno, Giuseppe Piazza, era nato nel 1789. «E’ stato come un’anatra che torna nel suo stagno – ricorda -. Mi sono ritrovato nel mio elemento. Mi sono sentito intimamente italiano». In questi giorni Piazza ha affittato una villa a Quattro Castella, a circa 20 chilometri a sud di Reggio Emilia. Inoltre sta prendendo in considerazione di far frequentare i suoi figli – Nicoletta di 10 anni; Paulina di 7 e Marco di 3 – le scuole in Italia per un anno.

Al ristorante, Piazza – con una sciarpa color fantasia attorno al collo – scherzava sul fatto che si veste così solo in Italia, data l’estrema attenzione alla moda degli italiani. E mentre dava un’occhiata al menù ecco un’espressione particolare soffermandosi alla tartare di cavallo; i suoi figli stavano imparando ad andarci, a cavallo; ha spiegato. Piazza sta vivendo appieno questo processo di apprendimento nel districarsi tra due distinte culture. Sottolineava come la durezza di questa nuova vita – il collezionare miglia aree, le difficoltà di una lingua non sua, apprezzare nuove specialità culinarie, entrare ancor più in contatto con le sue origini – lo hanno rinvigorito dopo il vuoto lasciato dall’aver abbandonato la vita dello sportivo professionista.

«Ho giocato a baseball per 16 anni – ricorda Mike -. Ho dovuto scendere a patti col fatto che non avrei più sentito quel brivido che ti dà il battere un fuori campo davanti a 50 mila persone». Il baseball tuttavia, ha fatto capolino nelle conversazioni dei suoi primi due giorni di permanenza a Reggio. Orlando Hernandez e Byung-Hyum Kim sono i due pitcher i cui lanci non è mai riuscito a “leggere”. E’ convinto che i crescendi effetti della “Moneyball” nella costruzione dei roster delle franchigie di MLB abbiano accelerato il suo ritiro; nonché l’essere stato fischiato allo Yankee Stadium “una delle esperienze più fighe della mia vita”

Ma è il calcio che lo sta “consumando” ora: «Mi piace l’avventura che ho intrapreso – sottolinea -. Prendo un treno. Salgo su un aereo. Mi infilo in macchina. E vado (A Reggio Emilia, nda). Mi piace l’adrenalina che tutto questo porta con sé».

«Potrei fallire. Potrei anche perderci dei soldi qui. Ma per me era troppo importante uscire dalla mia quotidianità». Il tutto sorseggiando un bicchiere di lambrusco.