Reggio Emilia, 14 ottobre 2009. Un bimbo nato morto. E una giustizia che non ha ancora dato risposte. E’ la drammatica doppia esperienza di due coniugi abruzzesi con due enti pubblici, l’ospedale e il tribunale. Il marito, 41 anni, è un appuntato dei carabinieri; la moglie, 37 anni, casalinga. Quattro anni fa perdettero il figlio al termine della gravidanza. La donna era ammalata di diabete gestazionale. Dopo la morte del bambino, avvenuta all’ospedale di Guastalla, la coppia si rivolse a un avvocato, Marco Napoli, e presentò un esposto e una querela. Il sostituto procuratore Giampiero Nascimbeni aprì un fascicolo contro ignoti che ipotizzava il reato colposo di procurato aborto (l’articolo 17 legge 194/1978) e incaricò subito due suoi consulenti di approfondire il caso.

Il professor Piero Pierfederici, ginecologo, e il dottor Sabino Pelosi, medico legale, giunsero a una conclusione che esprimeva un parere di fatto censorio nei confronti dei medici. Era ovviamente un giudizio di parte, quello depositato dai consulenti dell’accusa un anno dopo. Ma la consulenza, proprio perchè l’inchiesta era stata aperta nei confronti di ignoti, avvenne senza contraddittorio: in altre parole, i medici eventualmente coinvolti, non avendo ricevuto alcun avviso di garanzia, non poterono nominare il consulente difensivo. Secondo l’avvocato dei coniugi, al termine di quella consulenza di parte la procura avrebbe avuto elementi per decidere o poter sviluppare ulteriori indagini, individuare i medici - ginecologi e diabetologi - che avevano seguito la donna nella gravidanza e giungere alle sue conclusioni: che potevano essere richiesta di rinvio a giudizio o di archiviazione.

Per due anni, silenzio nè proroga delle indagini. Così, due anni fa, l’avvocato dei coniugi si rivolse al giudice civile aprendo un fronte nei confronti dell’Ausl. E anche sul piano civilistico la vicenda si trascina avanti nel tempo. La causa venne affidata a un giudice, Pietro Mondaini, già destinato al settore penale. Ci fu così una udienza con un giudice distaccato da fuori Reggio. Ulteriore rinvio e udienza con un giudice onorario. Se ne riparlerà nell’aprile 2010 quando il giudice - si spera definitivo - prenderà in esame le due posizioni contrapposte.

L’azienda Usl, che ha competenza sugli ospedali della provincia compresa Guastalla ed è tutelata dall’avvocato Franco Mazza, contesta fermamente la domanda dei coniugi, anche se la consulenza del pm è tendenzialmente sfavorevole all’ospedale. Questo perchè la correlazione tra la morte del bimbo e le supposte inadeguatezze non sarebbe certa. ll parere dei due consulenti dell’accusa, infatti si conclude così: "Un diverso e più prudente comportamento dei sanitari che ebbero a seguire la paziente, a nostro avviso, sarebbe valso con criterio di elevata probabilità ad evitare la morte del feto". Ma "elevata probabilità" non è certezza, a parere della difesa dell’Ausl. Che in sede civile avrebbe voluto citare come testimoni proprio i medici che avevano seguito la donna: trovando però la netta opposizione della controparte. 

La coppia si è trasferita nel frattempo in Abruzzo. Un anno fa ha avuto due splendidi gemelli. La donna stavolta ha scelto di essere seguita all’ospedale Maggiore di Parma.